lunedì 9 gennaio 2017

ci consente di curarle e di guarirle senza lasciare cicatrici

Le parole nascono dal silenzio e muoiono nel silenzio,
e tuttavia le parole non sono mai fragili come lo è il silenzio che non parla se non con il linguaggio dei volti, degli sguardi e delle lacrime,
o del sorriso, ed è un linguaggio che si coglie nei suoi significati profondi solo quando sia accompagnato dalla luce arcana dell’interiorità.
Solo un dialogo senza fine con il silenzio, con la fragile evanescenza del silenzio,
ci consente di cogliere le ferite dello spirito inesprimibili e invisibili
agli occhi della ragione calcolante,
e ci consente di curarle e di guarirle senza lasciare cicatrici.
Quando ci incontriamo con un malato in ospedale,
alta è la tentazione di parlare, di riempire con parole le pause del silenzio,
senza rendersi conto che
talora al silenzio di chi sta male
non può accompagnarsi
se non talora il silenzio di chi sta bene.
Non dovremmo mai lasciarci trascinare dall’impazienza e dalla fretta di aggredire il silenzio
senza cercare di intuirne le motivazioni.
Costa fatica attendere che il silenzio si esaurisca;
ma nella solitudine in cui noi ci troviamo dinanzi alla indifesa fragilità di un paziente murato nel suo silenzio, è necessario attendere, tacere, non fare nulla e scambiarsi un sorriso.
Eugenio Borgna

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