sabato 29 giugno 2013

Ancora oggi, sfortunatamente, ci sono persone che si dicono cristiane, solo perché sono state battezzate e si ricordano di andare ogni tanto in una qualche chiesa.

“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10, 27).
In questo consiste l’essere cristiani:
ascoltare Gesù e seguirne i passi.
Non solo e non tanto nelle processioni,
ma nella concretezza della nostra vita quotidiana.
Ascoltando queste parole, stamattina ci chiedevamo se davvero
noi possiamo affermare di avere gli stessi atteggiamenti di Gesù,
di preoccuparci, come Lui,
per le condizioni dei poveri.
Dei “più poveri”,
dato che, qui, la povertà è condizione comune alla gran parte della nostra gente.
Di appoggiare, per esempio,
le lotte dei sem-terra, dei senzatetto, dei disoccupati, dei senzaniente.
Di denunciare ingiustizie e prevaricazioni.
O se invece preferiamo che il mondo vada per la sua
e noi per la nostra.
E preoccuparci solo del nostro orticello,
conformandoci al mondo e alla maniera d’essere di ricchi e potenti.
Ancora oggi, sfortunatamente,
ci sono persone che si dicono cristiane,
solo perché sono state battezzate
e si ricordano di andare ogni tanto in una qualche chiesa.
Giusto, forse, quando hanno bisogno di impetrare qualcosa,
nell’ordine del benessere personale o famigliare.
Ma che dimenticano l’essenziale.
Quello che ci ha fatto ascoltare il Vangelo di oggi:
credere, cioè assumere, fare nostre, le opere che Lui compie.
Comunità del bairro (2009)

venerdì 28 giugno 2013

il Museo del Duomo sia il primo tassello di una Expo che guarda non solo al cibo che si coltiva e si mangia, ma anche al cibo della mente e dell'anima.


Il luogo per ricostruire l'alfabeto della religione
di Alberto Melloni
in “la Lettura” - Corriere della Sera – del 23 giugno 2013

Se posso permettermi una nota personale, devo dire che a me piace pensare
che il Museo del Duomo
sia il primo tassello di una Expo
che guarda non solo al cibo che si coltiva e si mangia,
ma anche al cibo della mente e dell'anima.
Se la quota di «cultura» di Expo 2015 fosse fatta di arte
astratta o quadri di mangiatori, sarebbe un danno per l'Expo e per l'Italia:
l'organizzazione e la città sapranno offrire ai visitatori dell'Expo
un percorso nel food for thought/food for soul;
sapranno attirare coloro
che vengono per capire
uno «stile» italiano che inizia a tavola, 
ma si rivolge poi ad altre tavole, 
che dicono come
ciò che ha di fatto permesso all'Italia 
di diventare plurale 
è stato un tessuto di bellezza e fede.
Una fede che si mette in mostra in un museo non per dirsi morta,
ma per offrirsi a una lettura più ampia.

giovedì 27 giugno 2013

tocca e riguarda quei «nuovi» italiani che per provenienza geografica o culturale, per appartenenza religiosa o per matura disaffezione, non padroneggiano una lingua artistica e spirituale, ma non vogliono esserne estranei.


Il luogo per ricostruire l'alfabeto della religione
di Alberto Melloni
in “la Lettura” - Corriere della Sera – del 23 giugno 2013

Anche per questo i più monumentali simboli religiosi delle città
— e il Duomo lo è per antonomasia come ricorda il cardinale Scola —
rimangono incomprensibili a tanti.
Perfino nella più trasparente tessitura urbanistica delle piazze e del cielo,
si legge solo un gigantismo che vela gli spazi e gli oggetti.
Sono infatti tanti coloro che, passando davanti al Duomo, fanno una fugace visita turistica:
ma non si danno né si darebbero il tempo, lì,
di cercare significati storici e artistici.
Che sono disposti a ricevere in uno spazio museale.
Per questo, mi pare, il cardinale Scola e la Veneranda Fabbrica col suo presidente Angelo Caloia annettono tanto valore alla riapertura del Museo del Duomo:
perché esso testimonia il desiderio
di offrire anche a chi non sa «leggere» gli spazi, le vetrate, le statue,
un modo diverso di avvicinarsi a questi oggetti.
Il museo come manuductio a una comprensione di un monumento e
di ciò che lo ha reso e lo rende vivo è un servizio offerto non solo agli specialisti e ai turisti:
ma tocca e riguarda quei «nuovi» italiani
che per provenienza geografica o culturale,
per appartenenza religiosa
o per matura disaffezione,
non padroneggiano una lingua artistica e spirituale,
ma non vogliono esserne estranei.

mercoledì 26 giugno 2013

Spinoza senza la Qaballah, Galileo senza la Genesi o Deng senza Confucio, e le fedi senza Scritture.


Il luogo per ricostruire l'alfabeto della religione
di Alberto Melloni
in “la Lettura” - Corriere della Sera – del 23 giugno 2013

La terapia dell'analfabetismo religioso richiederebbe in Italia
cose che erano difficili prima delle
vacche magre e che adesso sono difficilissime.
Un laicismo sdentato e
una codardia episcopale
hanno cancellato le facoltà di teologia che nessuno ha saputo riattivare,
sicché noi oggi non abbiamo scuole per una formazione «repubblicana» dei capi religiosi.
Polemiche vecchiotte sulla scuola pubblica
oscurano i grandi problemi di una società
dove convivono religioni che non sono mai state vicine per secoli.
E la pressione complessiva che grava sul sistema formativo fa sì che,
ora di religione inclusa,
si finisca per spiegare Spinoza senza la Qaballah,
Galileo senza la Genesi
o Deng senza Confucio,
e le fedi senza Scritture.

martedì 25 giugno 2013

Una ignoranza che poi finisce per appropriarsi di simboli o segni religiosi in funzione identitaria, senza comprenderne il senso e il peso

Trovo interessante proporre questo articolo di Melloni in quattro parti per concentrare la riflessione su quella manducatio, quotidianamente necessaria, che è energia per il nostro vivere consapevole cristiano

Il luogo per ricostruire l'alfabeto della religione
di Alberto Melloni
in “la Lettura” - Corriere della Sera – del 23 giugno 2013

L'analfabetismo religioso è un peso insostenibile per una società pluralista.
La città di oggi vorrebbe essere, come si suol dire, «un crogiuolo di culture».
Spesso si deve accontentare di essere un lungo scaffale sul quale le diversità spirituali si allineano, imballate da soffici dosi di ignoranza.
Una ignoranza che poi finisce per appropriarsi di simboli o segni religiosi in funzione identitaria,
senza comprenderne il senso e il peso;
fino a riprodurre più in piccolo l'arrogante sincerità di Mussolini che si definiva «cattolico e anticristiano».
L'esperienza religiosa infatti,
quando è autentica, non presume di sé.
Chi la vive conosce non solo la fragilità del fare, la vanità del dire,
ma soprattutto la terribile libertà della parola rivelata:
che rende impuro l'impuro, puro il puro,
ma sa anche rendere puro l'impuro, e viceversa,
in un moltiplicarsi di percorsi che sono un labirinto di umiltà e una palestra di violenza,
con lo stesso titolo.

lunedì 24 giugno 2013

lo spazio in cui, dal fumo della distruzione, si leva e disegna il profilo di questo tu


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

Se la compassione muove anzitutto dal riconoscimento dell’altro
in quanto corpo e linguaggio,
pensiero e desiderio,
c’è un tempo in cui questo riconoscimento
s’incrina o scompare.
E’ il tempo tragico.

La guerra è il nero trionfo
di questo tempo tragico.
E con la guerra,
con l’oblio della compassione,
l’esercizio sistematico della spietatezza.
La tecnica, che ha affinato i modi della distruzione,
si mette a servizio di questa morte della pietà. (...)

Narrazione e poesia hanno tuttavia mostrato come,
nel cuore del tragico, e contro il furore
dell’annientamento,
si possa levare,
proprio a partire dallo sguardo sul dolore altrui,
il tu di una ritrovata fraternità.
La compassione è lo spazio in cui,
dal fumo della distruzione,
si leva e disegna il profilo di questo tu.

domenica 23 giugno 2013

Ci si può soltanto affacciare sulla lingua del sentire, sulla lingua del patire, sui segni del loro apparire, sulle stazioni e le forme del loro svolgimento


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

Questo libro vuole mostrare,
come per allineati tableaux di un’immaginaria esposizione,
alcune figure di una storia della compassione,
così come la scrittura e l’arte ce le hanno consegnate.
Ho detto storia,
ma è davvero un azzardo
che si possa fare storia dei sentimenti,
o storia delle passioni.
Perché sentimenti e passioni hanno
tante
modulazioni e vibrazioni
quanti
sono gli individui viventi.
E così è della loro rappresentazione,
variegatissima.
Ci si può soltanto affacciare
sulla lingua del sentire,
sulla lingua del patire,
sui segni del loro apparire,
sulle stazioni
e le forme del loro svolgimento.
Questo sguardo,
e questo ascolto,
possono a loro volta diventare racconto.
Un racconto tessuto con le parole e i pensieri dei classici.
Con le immagini che provengono dal mito,
dalle sue interpretazioni,
dall’antica tragedia greca,
dalle narrazioni moderne,
dalla terra della poesia e dell’arte.
Perché in questi linguaggi l’altro
- che abbia un volto familiare o ignoto -
è fonte di costante interrogazione.
È il respiro del corpo,
con la sua irripetibilità,
a farsi lingua, figura, ritmo.
La scrittura e l’arte ci restituiscono,
della compassione
- come del resto di ogni altro sentimento -
insorgenze e vibrazioni,
segnali e compimenti,
sospensioni e deviazioni,
eccessi e attenuazioni.