domenica 11 agosto 2013

Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltali e compresi.

Fino a quale grado la chiesa deve uniformarsi alle circostanze storiche e locali in cui svolge la sua missione?
come deve premunirsi dal pericolo d’un relativismo che intacchi la sua fedeltà dogmatica e morale? ma come insieme farsi idonea a tutti avvicinare per tutti salvare, secondo l’esempio dell’apostolo: “Mi son fatto tutto a tutti, perché tutti io salvi”?
Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltali e compresi.
Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo;
comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo.
Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso
che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri.
Il clima del dialogo è l’amicizia.
Anzi il servizio.
Tutto questo dovremo ricordare e studiarci di praticare
secondo l’esempio e il precetto che Cristo ci lasciò.
(Paolo VI, Ecclesiam Suam, n.90).

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