sabato 25 agosto 2012

Non limitiamo le pretese dei sogni

Sogno un magistero che affermi il patrimonio positivo della fede, libero dalla preoccupazione di puntualizzare il negativo; che sappia offrire gratuitamente l'acqua della vita, senza voler giudicare chi beve; che proponga la verità di Cristo, esortando a non accettarla supinamente; che tracci la strada, ammonendo a non seguirla passivamente; che offra strumenti per imparare a scegliere, a non essere acquiescenti, a non accontentarsi di un cristianesimo mediocre e tiepido. Un Magistero che preferisca circondarsi da persone esigenti, irrequiete, contestatrici, piuttosto che passive, pavide, addormentate. Esso per primo ne trarrebbe grandi benefici: sarebbe il magistero di un popolo adulto, maturo, responsabile. Etimologicamente la parola obbedienza significa ascolto, e sarebbe ora di educarci tutti a questo tipo di obbedienza reciproca: i fedeli verso l'autorità, ma anche l'autorità verso chiunque appartenga al Popolo di Dio, non importa con quale ruolo. Solo questa obbedienza è autentica virtù. Chissà se San Paolo, quando esortava a sperare contro ogni speranza, si riferiva anche alle utopie! “Fuori dal gregge ” di Antonio Thellung 

venerdì 24 agosto 2012

è probabile ch'egli stesso non sappia il suo privilegio


Chissà se un giorno butteremo le maschere (da Quaderno di
quattro anni)
Chissà se un giorno butteremo le maschere
che portiamo sul volto senza saperlo.
Per questo è tanto difficile identificare
gli uomini che incontriamo.
Forse fra i tanti, fra i milioni c'è
quello in cui viso e maschera coincidono
e lui solo potrebbe dirci la parola
che attendiamo da sempre. Ma è probabile
ch'egli stesso non sappia il suo privilegio.
Chi l'ha saputo, se uno ne fu mai,
pagò il suo dono con balbuzie o peggio.
Non valeva la pena di trovarlo. Il suo nome
fu sempre impronunciabile per cause
non solo di fonetica. La scienza
ha ben altro da fare o da non fare.
Eugenio Montale

giovedì 23 agosto 2012

dare un piccolo convento ad ogni madre di famiglia


"Se la vita contemplativa fosse solo possibile dietro le mura di un convento o nel silenzio del deserto, dovremmo, per essere giusti, dare un piccolo convento ad ogni madre di famiglia e il lusso di un po' di deserto ad un povero manovale che è obbligato a vivere nel chiasso di una città per guadagnarsi duramente il pane".

Charles de Foucauld, (1858-1916)

mercoledì 22 agosto 2012

diventa una bocca di menzogna

Rabbi Pinchàs raccontava ai suoi scolari: “Niente mi è stato più difficile da superare della menzogna. Ci sono voluti quattordici anni, ho rotto tutte le mie ossa, finalmente ne sono venuto fuori”. Raccontava anche: “Ventunanno ho servito per la verità. Sette per apprendere che cos’è la verità. Sette per scacciare la falsità. Sette per accogliere la verità”. Una volta che Rabbi Pinchàs recitava la preghiera della sera davanti al leggio e arrivò alle parole “Colui che custodisce il suo popolo di Israele”, mandò un grido dal più profondo dell’anima. La contessa a cui appartenevano mi dintorni di Korez passava in quel momento davanti alla sinagoga. Si curvò su una delle basse finestre e ascoltò. Poi disse a quelli che le stavano intorno: “Come questo grido è vero, senza alcuna mescolanza di menzogna!”. Quando lo raccontarono a Rabbi Pinchàs, egli disse sorridendo: “Anche i popoli del mondo sanno che cosa è la verità”. Una volta, la sera precedente il Giorno del Perdono, prima della preghiera “Tutti i voti”, i radunati recitavano i salmi gridando confusamente. Rabbi Pinchàs si rivolse alla comunità e disse: “Perché vi sforzate tanto? Sì, voi vedete che le vostre parole non arrivano in alto. Ma perché è così? La bocca di chi tutto l’anno ha mentito diventa una bocca di menzogna. E da una bocca di menzogna come possono uscire parole vere che arrivino in alto? Io che vi parlo so di che si tratta; perché io stesso ho dovuto lavorarvi molto. Così credetemi: dovete impegnarvi a non dire menzogne ; allora otterrete una bocca di verità le cui vere parole salgono al cielo”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

martedì 21 agosto 2012

Noi non vogliamo che gli altri ci ingannino

La natura dell’amor proprio e dell’io umano consiste nell’amare solo sé e nel considerare solo sé. Ma cosa potrà fare? Non saprebbe impedire che l’oggetto che ama sia pieno di difetti e di miseria; vuole essere grande e si vede piccolo; vuole essere felice e si vede miserabile; vuole essere perfetto e si vede pieno d’imperfezioni; vuole essere l’oggetto dell’amore e della stima degli uomini e vede che i suoi difetti gli procurano solo la loro avversione e il loro disprezzo. La confusione in cui si trova produce in lui la più ingiusta e la più criminale passione che sia possibile immaginare; perché concepisce un odio mortale contro questa verità che lo ammonisce e lo convince dei suoi difetti. Desidererebbe annientarla ma, non potendo distruggerla in se stessa, per quanto gli è possibile, la distrugge nella propria conoscenza e in quella degli altri; ciò vuol dire che mette ogni cura nel nascondere i propri difetti agli altri e a se stesso, e che non sopporta che glieli si facciano vedere né che li si veda. È certo un male essere pieno di difetti; ma è un male ancora più grande esserne pieno e non volerli riconoscere, perché significa aggiungervi anche quello di un’illusione volontaria. Noi non vogliamo che gli altri ci ingannino: non troviamo giusto che essi vogliano essere stimati da noi più di quanto non meritino: dunque non è neppure giusto che noi li inganniamo e che vogliamo che ci stimino più di quanto meritiamo. Così, quando essi scoprono solo quelle imperfezioni e quei vizi che effettivamente abbiamo, è evidente che non ci fanno torto, perché non ne sono essi la causa, e anzi ci fanno del bene, perché ci aiutano a liberarci da un male, che è l’ignoranza di queste imperfezioni. Non dobbiamo arrabbiarci perché le conoscono e ci disprezzano, essendo giusto e che ci conoscano per quello che siamo, e che ci disprezzino se siamo spregevoli. Ecco i sentimenti che nascerebbero da un cuore che fosse pieno di equità e di giustizia. Cosa dire dunque del nostro, vedendovi una disposizione assolutamente contraria? Non è forse vero che noi odiamo la verità e quelli che ce la dicono, e preferiamo che si ingannino a nostro favore, e vogliamo essere considerati da loro diversi da quello che siamo? (Blaise Pascal, Pensieri 758).

lunedì 20 agosto 2012

dire la verità a rischio della loro situazione


Ci sono i Santi e i santi...
I Santi sono quelli canonizzati, catalogati, inventariati nel nostro calendario...
E poi ci sono i santi:
Quelli che sanno dire la verità a rischio della loro situazione professionale, o della loro vita.
Quelli che osano agire secondo la loro anima e coscienza, procedendo magari a ritroso rispetto all'ordine stabilito.
Quelli che si rifiutano di far concessioni alla disonestà e alla ipocrisia.
Quelli che si impegnano in nome di Gesù.
Quelli che consacrano la loro vita a contemplare Dio.
Quelli che dedicano un po' del loro tempo agli altri.
Quelli che dedicano tutto il loro tempo agli altri.
Quelli che sanno guardare con amore chiunque, comunque sia, com'è.
Quelli che credono che nel peggiore individuo c'è sempre una briciola di buono.
Quelli che hanno sempre la porta, le orecchie, il cuore aperti.
Quelli che fanno sempre con coscienza e buonumore un lavoro fastidioso.
Quelli che danno amabilmente un buon sorriso, anche quando sono giù di morale.
(A. Vanderstraten - Jesus - 1986)

domenica 19 agosto 2012

dove sorgono bionde trasparenze


Portami il girasole

Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Eugenio Montale