sabato 5 maggio 2012

il significato della lotta


”…quel peso di male che grava su tutti noi e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pure uguale al loro, m’intendi?, pure uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi e a liberare i nostri figli. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali.
– Italo Calvino, “Il sentiro dei nidi di ragno”

venerdì 4 maggio 2012

Il dolore di ogni uomo è il mio dolore

Nessun uomo è un’isola;
Nessuno uomo sta solo.
Ogni uomo è una gioia per me;
Il dolore di ogni uomo è il mio dolore.

Abbiamo bisogno l’uno dell’altro,
perciò io difenderò
ogni uomo come mio fratello;
ogni uomo come mio amico.

John Donne

giovedì 3 maggio 2012

non posso dimenticarmi di te, della tua tenerezza

Signore, mi ricordo di tutto,
non posso dimenticarmi di te,
della tua tenerezza.

Aprimi al tuo silenzio,
tutto ciò che ho dimenticato
sussurralo al mio orecchio.

Non vorresti confidarmi ciò
che mi rende fedele a te;
non vuoi che la mia carne
ritrovi il ricordo
della tua mano stretta nella mia?

Nel più profondo di me incidi
con tutto il tuo fuoco
la meraviglia del tuo amore,
della tua gloria.

Allora la mia vita si risveglierà
e il mio amore saprà ricordarsi,
e vedrai tutto il mio essere
ardere della Parola di gioia
e correre davanti ai fratelli
per cantare il suo Signore
e lodare il mio Dio.

PIERRE GRIOLET

mercoledì 2 maggio 2012

non è lecito abbandonare


 alcuni passi tratti dalla Lettera a Diogneto (Anonimo II sec. d.C.), V-VII:
  1. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.
  2. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra.
  3. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile.
  4. La carne odia l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri.
  5. L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano.
  6. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo.
  7. L’anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l’incorruttibilità nei cieli.
  8. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l’anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano.
  9. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

martedì 1 maggio 2012

Dio non distoglie anzi tempo il nostro sguardo dal lavoro che proprio Lui ci ha imposto


“La ricerca e l’attesa del Cielo non vanno forse a distogliere l’azione umana dalle sue occupazioni naturali, o per lo meno ad eclissarne totalmente l’interesse? Vediamo ora come non può, come non deve essere così.
No, Dio non distoglie anzi tempo il nostro sguardo dal lavoro che proprio Lui ci ha imposto, poiché Egli si presenta a noi raggiungibile mediante questo stesso lavoro. No, Egli non fa svanire nella sua luce intensa gli aspetti particolari delle nostre mete terrene, poiché l’intimità della nostra unione con Lui è precisamente in funzione dell’effettiva perfezione che daremo alla nostra più infima opera. Meditiamo questa verità fondamentale a sazietà, sino a che essa diventi per noi abituale quanto la percezione del rilievo o la lettura delle parole.
In ciò che Egli ha di più vivo e di più incarnato, Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell’azione, nell’opera del momento. In qualche maniera, è sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago, – del mio cuore, del mio pensiero. È portando sino all’ultima perfezione naturale il tratto, il colpo, il punto al quale mi sto dedicando, che coglierò la Meta ultima cui tende il mio volere profondo.
Simile a quelle temibili energie fisiche che l’Uomo riesce a disciplinare sino a far compier loro cose prodigiosamente delicate, l’enorme potenza dell’attrazione divina si applica ai nostri fragili desideri, ai nostri microscopici oggetti, senza spezzarne la punta. Essa superanima: quindi né turba né soffoca nulla. Superanima: quindi introduce nella nostra vita spirituale un principio superiore d’unità il cui effetto specifico è, secondo il punto di vista adottato, di santificare lo sforzo umano o di umanizzare la vita cristiana.
Non penso di esagerare affermando che, per i nove decimi dei cristiani praticanti, il lavoro umano resta allo stato di «impaccio spirituale». Nonostante la pratica della retta intenzione e della giornata quotidianamente offerta a Dio, la massa dei fedeli cova oscuramente l’idea che il tempo trascorso in ufficio, nel proprio studio, nei campi o nella fabbrica sia sottratto all’adorazione.
Certo, è impossibile non lavorare. Ma è anche impossibile proporsi quella profonda vita religiosa riservata a coloro che hanno il tempo di pregare o predicare tutto il giorno. Nella vita, alcuni minuti possono essere recuperati per Dio. Ma le ore migliori sono sperperate o per lo meno svalorizzate dalle cure materiali. – Oppressi da questo sentimento, moltissimi cattolici conducono in realtà una doppia vita, o una vita impacciata: hanno bisogno di abbandonare la veste umana per ritenersi cristiani, e solo cristiani di secondo ordine.
Certo, nelle nostre giornate, esistono minuti particolarmente nobili e preziosi, quelli della preghiera e dei sacramenti. In mancanza di quei momenti di contatto, più efficaci o più espliciti, il fluire dell’onnipresenza divina e la visione che ne abbiamo ben presto s’indebolirebbero, sino a che la nostra più fervida diligenza umana, senza essere del tutto perduta per il Mondo, resta per noi privata di Dio.
Ma, riservata gelosamente questa parte alle relazioni con Dio incontrato, se oso dire, «allo stato puro» (cioè allo stato di Essere distinto da tutti gli elementi di questo Mondo), come temere che l’occupazione più banale, più assorbente oppure più affascinante, ci costringa ad uscire da Lui? –
Ripetiamolo: in virtù della Creazione e ancor più dell’Incarnazione, niente è profano quaggiù per chi sa vedere. Invece, tutto è sacro per chi sa distinguere, in ogni creatura, la particella di essere eletto sottoposta all’attrazione del Cristo in corso di compimento. Con l’aiuto di Dio, riconoscete la correlazione, anche fisica, che collega il vostro lavoro all’edificazione del Regno Celeste, vedete lo stesso Cielo che vi sorride e vi attrae attraverso le vostre opere; e, nel lasciar la Chiesa per la città rumorosa, non avrete altro che la sensazione di continuare ad immergervi in Dio.
Se il lavoro vi sembra insipido od estenuante, cercate rifugio nell’interesse riposante e inesauribile di progredire nella vita divina. Se vi appassiona, trasferite nell’anelito di Dio, da voi meglio conosciuto e desiderato sotto il velo delle opere, lo slancio spirituale che la Materia vi comunica. Mai, in nessun caso, «sia che mangiate o che beviate», acconsentite a fare checchessia senza averne riconosciuto prima e senza averne ricercato poi tutto il significato ed il valore positivo in Christo Jesu.
Questa non è soltanto una lezione di salvezza qualunque; è, secondo lo stato e la vocazione di ognuno, la stessa via della santità. Infatti, per una creatura, cosa significa essere santa, se non aderire a Dio al massimo delle proprie possibilità? – e che cosa significa aderire a Dio al massimo grado se non adempiere, nel Mondo organizzato attorno al Cristo, la funzione precisa, umile od eminente, alla quale, per natura e per sovrannatura, essa è destinata?
Nella Chiesa, vediamo diversi gruppi i cui membri si dedicano alla pratica perfetta di questa o di quella virtù particolare: misericordia, distacco, splendore dei riti, missione, contemplazione. Perché non vi potrebbero essere anche uomini votati al compito di dare, con la loro vita, l’esempio della santificazione generale dello sforzo umano? – uomini il cui ideale religioso abituale sarebbe quello di dare completa e cosciente esplicitazione alle possibilità od esigenze divine racchiuse in una qualsiasi occupazione terrestre? – in breve, uomini che, nei campi del pensiero, dell’arte, dell’industria, del commercio, della politica ecc…, si dedicassero a compiere, con lo spirito sublime richiesto, le opere fondamentali che costituiscono la stessa ossatura della società umana?
Oh! venga il tempo in cui gli Uomini, diventati coscienti dello stretto legame che associa tutti i movimenti di questo Mondo nell’unica opera dell’Incarnazione, non potranno più dedicarsi ad alcun compito senza illuminarlo con la prospettiva precisa che il loro lavoro, per quanto elementare sia, è raccolto e utilizzato da un Centro divino dell’Universo!
Allora, veramente, ben poco separerà la vita del chiostro da quella laicale. E solo allora l’azione dei figli del Cielo (assieme all’azione dei figli del Secolo) avrà raggiunto la pienezza desiderabile della sua umanità.”
(P. Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, Brescia, Queriniana, 2003).

lunedì 30 aprile 2012

Dacci tanta fiducia

Cristo, tu sei
tutta la nostra speranza: 
ogni grazia ci viene 
per mezzo del tuo amore, 
della tua morte e risurrezione. 
Insegnaci, Signore, a pregare, 
ad esprimere
nella preghiera di supplica 
la nostra fiducia, 
nella preghiera di ringraziamento 
l'accoglienza dei tuoi doni.

Dacci tanta fiducia 
e così grande gratitudine 
da accogliere ogni momento 
della nostra vita 
come un invito e un'occasione d'essere 
per il nostro prossimo 
strumenti di pace, 
segni di speranza.
BERNHARD HARING

domenica 29 aprile 2012

non lasciò il malcapitato sulla strada


Il samaritano non lasciò il malcapitato sulla strada per andare in città a denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine. Non si recò agli sportelli della polizia per sporgere querela contro ignoti. Non andò a protestare contro le omissioni del Ministero degli Interni. Non lasciò boccheggiante sul sentiero verso Gerico quell’uomo mezzo morto per convocare una conferenza-stampa sul degrado etico della città, o sulle violenze del sistema, o sull’inadempienza dei poteri costituiti. Forse, dopo, avrà fatto pure questo. Anzi, visto il suo zelo, c’è da pensare che in seguito, “il giorno seguente”, abbia assolto anche a questo compito. Diversamente, avrebbe peccato per omissione di atti di ufficio. Ma intanto, il gesto fondamentale che ritenne di compiere fu quello “di farsi vicino”, e passare dal piano della denuncia a quello della costruzione diretta. La pace parte dal popolo e non dalle cancellerie. Dalle cancellerie semmai vi passa: ma per trovare le ratifiche, per ricevere il marchio di origine controllata. L’intelligenza diplomatica e la ragione fredda porteranno allora a compimento ciò che la profezia creativa, che fermenta nel popolo, ha già indicato. Laddove si scopre questa verità, è la democrazia tutta che avanza, sussulta, si migliora. Sicché la testimonianza, la solidarietà, la partecipazione, il coinvolgimento del popolo si pongono al servizio di un unico grande progetto storico da realizzare. Divengono i nuovi strumenti della politica. Gli impegni concreti da assumere con forza dovrebbero essere il riflesso di questa opzione di fondo.