sabato 4 febbraio 2012

E’ nella fede l’incontro con Dio


"Se credere è difficile, 
non credere è morte certa.
Se sperare contro ogni speranza è eroico,
il non sperare è angoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, 
non amare è l’inferno.
E’ nella fede l’incontro con Dio. 
E la fede è oscura.
La speranza è dolorosa. 
La carità è crocifissa.
La fede era certamente oscura, 
dolorosa anche per te, 
Maria,
non solo per noi tuoi fratelli su questa terra di viventi.
Non è così anche per te?
Non c’è fatica più grande sulla terra
della fatica del credere, sperare, amare:
Tu lo sai .
Aveva ragione la tua cugina Elisabetta a dirti:
«Beata te che hai creduto!».
Aiutami, Maria, a credere. Dammi la tua fede.
(C.Carretto)

venerdì 3 febbraio 2012

dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’

 Dietrich BonhoefferDio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.
Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’; dove gli uomini dicono ‘no!’, lì Egli dice ‘sì’! Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. (…).
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua Grazia”.

giovedì 2 febbraio 2012

le parole del silenzio

Non sappiamo parlarti, Signore.
Parlarti come si parla
alla propria anima,
senza ingannarci,
senza ingannarti.
Parlarti come il fiore che s’apre,
come l’astro fisso della Tua luce, 
i cieli assortiti nel Tuo splendore.
Non sappiamo che dirti
trascurate preghiere,
o lanciarti il grido 
dell’anima, della carne ferita.
Insegnaci le parole del silenzio. Donata Doni (Il pianto dei ciliegi feriti)

mercoledì 1 febbraio 2012

la capacità di fidarsi di Dio in qualunque circostanza è sempre indice di un grado di santità non indifferente


Mi piace riportare parte del commento di don Vincenzo Cuffaro alla prima lettura  (2Sam 24,2.9-17della liturgia della messa odierna IV tempo ordinario (B).
Questo testo riporta un altro momento in cui viene alla luce l’umanità fragile di Davide, e questa sua fragilità si manifesta in un bisogno di sicurezza umana: ad uno dei suoi generali, Joab, ordina di fare il censimento del popolo, ma la sua intenzione non era quella di conoscere il numero esatto degli abitanti per ogni città, bensì di sapere quanti uomini valorosi e capaci di maneggiare una spada ci fossero nel suo popolo. Davide sembra aver dimenticato l’episodio della sua vittoria su Golia, sconfitto quasi senza armi; sembra aver dimenticato come Dio abbia fermato al momento opportuno tutte le minacce che si avanzavano contro di lui. Anche in questo caso, come nel peccato compiuto precedentemente con la moglie di Uria, egli se ne rende conto solo a cose fatte. E ne chiede perdono immediatamente... 

Sapientemente ci fa notare che:

Il peccato produce due effetti, lo stato di colpa e i disordini personali e sociali che ne sono una conseguenza.

La colpevolezza viene cancellata immediatamente da Dio nell’atto del pentimento, ma rimangono i danni che il mio peccato ha arrecato a me stesso e agli altri; rimangono le macerie che il mio peccato personale ha prodotto intorno a me e dentro di me. Il cammino di conversione è il processo di ricostruzione di tali macerie con l’aiuto potente della grazia.
Anche in questo caso, la coscienza del peccato è data dal ministero della parola :


Ecco perchè dobbiamo non solo confrontarci con la Parola ma non smettere mai di annunciarla, conoscendo e e confidando nella sua esclusiva forza (grazia) intrinseca

 attraverso il veggente Gad, Dio rivela a Davide che il peccato gli è stato perdonato, ma che c’è pure un cammino di risalita e di espiazione che egli deve compiere; Davide, veramente illuminato dallo Spirito, sceglie la via migliore tra quelle propostegli dal profeta: lasciare che sia Dio stesso a operare su di lui la giusta espiazione.

Da qui ci fa capire la Grandezza  (santità) di Davide che diviene nostro esempio

In questo Davide dimostra di nuovo la sua statura di uomo di Dio. Va notato che egli non ha bisogno di sentirsi a posto davanti a Dio per affidarsi alle sue mani. E’ relativamente facile abbandonarsi al volere di Dio, quando ci si sente innocenti; verrebbe invece di scappare dalla sua divina presenza, quando ci sentiamo colpevoli. In questa occasione, Davide dimostra invece – e qua si vede la sua santità – di essere capace, nonostante la colpevolezza che grava su di lui, nonostante il suo peccato personale, di abbandonarsi al Signore fiduciosamente. Atteggiamento impossibile senza un grande livello di santità: egli non fa leva su se stesso, perché si sente in uno stato di manchevolezza, ma si affida al Signore senza riserve, perché sa che la misericordia di Dio è grande e che il suo giudizio è perfetto. In ogni caso, la capacità di fidarsi di Dio in qualunque circostanza è sempre indice di un grado di santità non indifferente.
Il Signore dispone quindi le cose, perché Davide possa riparare i danni conseguenti a quel peccato che già gli era stato perdonato. Qui va notato anche un altro fatto importante: l’espiazione del peccato di Davide colpisce lui in prima persona, ma colpisce anche degli innocenti. Ciò potrebbe meravigliare il lettore e perfino sembrare in contrasto con il senso della giustizia divina. Ma ogni stupore cessa, nel momento in cui si considera che Davide è un uomo a cui Dio ha affidato le sorti del popolo: necessariamente, i suoi sbagli sono destinati a ribaltarsi su tutti coloro che sono affidati al suo governo. Essi saranno felici se le sue scelte saranno sagge, ma pagheranno, in misure diverse, lo scotto dei suoi errori. Questa è una verità che riguarda ciascuno di noi nel suo ruolo proprio: i genitori nei confronti dei figli, il parroco nei confronti della sua comunità, il vescovo nei confronti della sua diocesi, gli uomini politici nei confronti della nazione.  

martedì 31 gennaio 2012

il momento che contiene tutto

Noi in genere aspettiamo sempre “dopo”: vedrai che dopo va meglio, vedrai che appena risolto questo problema, lo farò.  Normalmente, nei primi quarant’anni pensiamo a cosa faremo dopo. Negli altri quaranta pensiamo a cosa non abbiamo fatto prima. C’è l’alternativa di guardare avanti o guardare indietro. Invece, l’unico momento che puoi vivere è il presente: non vivi ieri, non vivi domani, vivi adesso. Ed è questo il momento che contiene tutto, perché Dio è presenza. Tra l’altro questo è il principio anche della sanità mentale. Noi normalmente viviamo nei progetti e nei ricordi: quindi, nell’illusione dei progetti, nella delusione dei ricordi. E non viviamo il presente. Per esempio, la bellezza di un cane e degli altri animali è che sono lì. La bellezza del bambino è che vive lì. Chi vive la presenza vive davvero una pienezza che è unica. È sempre nella gioia uno che vive nel presente. Noi invece siamo tristi perché pensiamo a quel che non c’è più, a quel che non c’è ancora. E siccome c’è solo il presente, se non vivi nel presente vivi quel che non c’è: cioè non vivi...
 Gesù dice che il regno di Dio non sta di là ma sta già di qua. La libertà piena la puoi già vivere qui e ora, nella misura del possibile, che poi crescerà, ma è qui. La vita eterna non è quel che viene dopo, la vita eterna è il tuo vivere ora ciò che è eterno, cioè l’amore di Dio e del prossimo. Se non lo vivi ora, non lo vivi mai. Quindi la vita eterna è da vivere ora.
Silvano Fausti



lunedì 30 gennaio 2012

sentimento profondo del cuore

Bisogna stare molto attenti quando si ascolta. Non c’è soltanto la parola letterale, per così dire “esterna”, che ascoltiamo, ma c’è anche una parola interiore, un sentimento profondo del cuore, che ogni parola suscita. In genere, non siamo allenati a sentire nel profondo ciò che sentiamo con l’orecchio, piuttosto consumiamo parole. I nostri gesti nascono dalle parole sentite senza essere capite, sono quasi automatismi, come nella propaganda. Per cui non è mai in gioco né la libertà né la persona. Invece il rapporto proprio da persona a persona c’è quando la parola entra nel cuore: allora ascolti cosa suscita in te, vedi se è bene, se è male, e veramente decidi di rispondere.
Silvano Fausti

domenica 29 gennaio 2012

cercare chissà dove


Gesù comincia a predicare in Galilea, il luogo dove è nato e cresciuto, il luogo della vita quotidiana. Il che vuol dire una cosa molto semplice: il Vangelo lo incontri nella tua vita concreta, quotidiana, non devi andare a cercare chissà dove. 
Oltre a essere luogo concreto e quotidiano, la Galilea è anche dal punto di vista storico e religioso un ambiente piuttosto compromesso. Quindi non è che Dio lo troviamo negli spazi più puliti della nostra esperienza, nel lembo più pulito del nostro cuore o nell’angolo più sereno della nostra mente, lo troviamo nella concretezza dei nostri limiti. 
Silvano Fausti,