sabato 15 ottobre 2011

Nell'oscurità di questo tempo, con la meschina povertà dei nostri cuori, tale coraggio è grazia tua.

Conosco poco gli scritti di Rahaner ma qundo mi imbatto nelle sue preghiere resto ammirato di quanto traduce del suo pensiero teologico nella semplicità del dialogo con Dio, quanto mette nei miei occhi del suo sguardo su Dio.


Preghiera per quelli che creano con lo spirito
di Karl Rahner (1904-1984), Nuovi Saggi II.
Dio eterno, creatore di tutti gli uomini e di tutte le cose, visibili e invisibili, Dio della storia, Signore e meta, forza e luce di ogni cultura, ti supplichiamo per quelli che creano la cultura.
Signore, chi mai prega per loro? Eppure lo sappiamo: Tu vuoi la loro meta e la loro forza creatrice, il loro lavoro e la loro opera. Perché tu vuoi l'uomo nello sviluppo integrale, sempre nuovo nella sua essenza, vuoi l'uomo che è opera tua. Ami l'uomo, che operando realizza il suo essere, trova ed esprime la sua essenza, che è un'immagine e una similitudine della tua gloria. Ciò che essi, per tuo volere, devono essere, lo possono essere solo con la tua grazia, Padre dei poeti, eterna origine di ogni luce, Spirito di ogni vera ispirazione.
Per questo ti preghiamo e invochiamo su di loro il tuo Spirito: suscita fra noi uomini dalla forza creatrice, pensatori, poeti, artisti. Abbiamo bisogno di loro.
Anche nei loro riguardi è vero dire che l'uomo muore di fame con il solo pane materiale, quando manca del nutrimento della parola che procede dalla tua bocca.
Concedi a questi giovani il coraggio di seguire la loro vocazione, di portare il peso e il dolore di questa chiamata, di non tradire la missione correndo dietro al denaro e al facile plauso dei superficiali, che cercano solo di divertirsi. Quando essi nella parola e nell'immagine, nella musica e nel gesto esprimono ciò che è nell'uomo, perché annunciano quello che provano, fa' che dicano tutto.
Concedi loro di sperimentare che l'uomo non è solo l'inferno chiuso nella sua nullità, ma che è anche il bel paese benedetto, sopra il quale sta il cielo della tua infinitudine e libertà. Essi non devono averti sempre sulle labbra: ti chiamino per nome solo quando li riempie il soffio della beatitudine sicura o del dolore estremo. Altrimenti ti lodino col silenzio. Anch'essi devono portarti silenziosamente nel cuore da cui sgorga la loro opera. Allora il più piccolo canto è ancora un'eco del giubilo del tuo cielo, e le loro composizioni sugli oscuri abissi sono ancora pervase dalla tua misericordia e da una nostalgia verso la luce, la giustizia e l'eterno amore. Allora perfino il tentativo di divertire è ancora un riflesso della mite pazienza, con cui tu ami noi nella nostra vita di ogni giorno.
Dà loro il coraggio della luce e della gioia N
ell'oscurità di questo tempo, con la meschina povertà dei nostri cuori, tale coraggio è grazia tua. Concedila loro, perché abbiamo bisogno di questo coraggio. Dà loro il coraggio della distinzione e della decisione. Non sono chiamati a sofisticare. Però le loro opere devono lasciar trasparire che le ha create un cuore indiviso, che, aperto a tutto, pure in tutto cerca te e tutto in te, e non conosce una pace vile fra il bene e il male, la luce e le tenebre.
Dà loro il coraggio per un inizio sempre nuovo, perché solo così trovano la loro origine nel vero originario. Fa' che dicano ciò che il tuo Spirito ha messo loro nel cuore, non quello che vogliono udire i potenti, ripieni di mediocrità. Quando fanno l'esperienza dell'inutilità, della rovina della loro creazione, dell'insensibilità del loro tempo, fa' che credano ancora che davanti a te l'inutilità non è inutile, che tu hai guardato con entusiasmo la loro opera e che hai preso dolcemente sul tuo il loro cuore spezzato.
Il tuo Verbo eterno, splendore della tua essenza e immagine della tua gloria, è venuto di persona nella nostra carne, ha assunto tutto l'umano come sua realtà, ha - con più potenza e più amore di ogni altro creatore verso l'opera delle sue mani - collocato lo stesso suo cuore nel centro del prodotto della sua mano, affinché l'uomo stesso sia l'espressione e l'immagine della tua gloria.
Per questo, lo si sappia o no, ogni creazione culturale è diventata un frammento della storia propria del tuo Verbo, poiché tutto è diventato suo mondo, nel quale egli venne per viverci, soffrirvi e per trasfigurarlo con sé, mondo cui il tuo verbo è congiunto in eterno.
Fa' che lo comprendano quelli per cui ti preghiamo. Quello che essi creano è inevitabilmente o un pezzo della croce alla quale inchiodano colpevolmente il tuo Figlio, e quindi il loro giudizio, oppure è una parziale venuta del suo Regno eterno, e quindi la loro grazia.
Perché questo Regno non viene soltanto dall'esterno come fine e giudizio del mondo. Esso viene come la segreta grazia dal centro della realtà terrena, da quando il tuo Verbo, calandosi nella creazione, è diventato il cuore di tutte le cose. Perciò quello che essi creano può e deve essere una promessa che il tuo Regno eterno sta per venire, il Regno della verità e dell'amore, il Regno della trasfigurazione dell'uomo costituito di corpo e di anima, di terra e di cielo.
Concedi loro che siano araldi e costruttori del Regno, nel quale, trasformato e trasfigurato, è salvato per l'eternità tutto ciò che l'uomo, quale partecipe alla tua potenza creatrice, ha plasmato.     Lo Spirito di tuo Figlio venga su di loro, affinché il tuo nome sia lodato adesso, in questo tempo, e nell'eternità delle eternità.
Amen.

venerdì 14 ottobre 2011

senza preoccuparti dove essa ti potrà condurre

Qualche tempo fa ho scritto che ero nella Baracca di Don Gnocchi di Rovato. Ormai sono dieci giorni di questa ritirata, costretto a fare poco.
Ho tanto tempo libero, devo aspettare sedute di fisioterapia per reimparare a camminare.
Il tempo vuoto si riempie anche della rabbia dell'attesa e dei risultati.
E' vero devo imparare a camminare con l'aiuto di qualcuno che mi conduce forse dove io non voglio; forse devo reimparare a camminare su una nuova strada.
Pensavo di sapere tutto, invece l'attesa, il vuoto deve essere riempito da nuovi e vecchi maestri, per primo, in questa baracca da don Gnocchi.
Ecco perchè sono qua e non altrove.
Sono venuto in possesso di alcuni suoi scritti e di alcuni libri che mi parlano di Lui.
Li sto leggendo e vorrei farli conoscere a chi mi mi vuole bene.
Pensa solo alla verità e non temere...una volta scoperta la traccia, seguila fedelmente e coraggiosamente, senza preoccuparti dove essa ti potrà condurre.  Non si sbaglia mai ad obbedire alla verità.    Questo perchè la mente umana è fatta per la verità, come l'occhio è fatto per la luce e non per le tenebre. 
E' un suo pensiero e scusatemi se non è poco

giovedì 13 ottobre 2011

il decalogo Buon senso, la prima virtù per non farsi truffare

Anche oggi le borse sono andate male... provo a ripetermi il decalogo di Grun

 Dodici consigli per il colloquio di investi­mento e per l’investimento finanziario
1. A un colloquio del genere è meglio non an­dare soli. Così, dopo, potete scambiarvi im­pressioni con il vostro accompagnatore sulle vostre impressioni e sulle vostre domande. 
 2.
 Preparatevi al colloquio. Chiaritevi le idee su che cosa volete. Un tasso di interesse alto non è tutto! 
 3.
 Agite con sobrietà! Stabilite dei limiti per voi stessi, per quanto riguarda la durata del­l’investimento, la vostra aspettativa e la vo­stra idea sul profitto. 
 4.
 Siate franchi. Il consulente vi potrà consi­gliare in maniera sensata e vi potrà offrire un prodotto soltanto se date una risposta vera al­le sue domande sulla situazione patrimonia­le e reddituale. 
 5.
 Siate sinceri. Non fingete di avere cono­scenze che in realtà non possedete. Il consu­lente se ne accorge. 
 6.
 Fate pure delle domande. Soprattutto se non avete capito qualcosa o se il consulente utilizza molti termini tecnici e anglicismi. Se non ha risposta alla vostra richiesta di ulteriori informazioni o se non è in grado di spiegare una cosa in parole comprensibili, potete tran­quillamente interrompere il colloquio. Il con­sulente, con tutta probabilità, ha a sua volta soltanto imparato a memoria le informazio­ni e forse non ha ca­pito nemmeno lui i fatti. Ci sarà quindi da dubitare della qualità della consu­lenza. 
  7.
 Prendete appunti! Anche il consulente deve prendere ap­punti e, in seguito, offrirvene una copia. Gli arnesi del mestie­re più importanti per il cliente e il consu­lente sono una pen­na e un foglio di car­ta bianco, tutto il re­sto sono accessori decorativi. 
  8.
 Mantenete il buon senso. Un investi­mento al 10% senza rischi e a disponibi­lità immediata non esiste! 
 9.
 Soprattutto non concludete affari al telefo­no con consulenti che non conoscete, una co­sa del genere non va mai a buon fine! 
 10.
 In linea di massima, siate molto scettici e cauti nel caso di determinate offerte di pro­dotti come diamanti, commodity futures e prefinanziamenti di eredità per e-mail o al telefono. La rinuncia a un presunto buon af­fare è senz’altro migliore del perdere denaro. 
 11.
 Non fatevi allettare. Un opuscolo in car­ta patinata, una presentazione piena di ef­fetti, un belloshow spesso servono a disto­gliere dalle debolezze dell’investimento fi­nanziario. 
 12.
 Non prendete decisioni affrettate! Ogni investimento va ponderato ben bene. Que­sto vale soprattutto per le decisioni che pos­sono avere delle conseguenze di vasta porta­ta, come per esempio nel caso degli immobili. Se un notaio «amico» del consulente alle 8 di sera ha proprio ancora un posto libero per un appuntamento, c’è qualcosa che non quadra. Prendetevi tempo! Su ogni decisione dovre­ste dormire tranquillamente almeno una not­te. Quasi nulla in questo settore è così im­portante che non ci si possa riflettere su an­cora un po’. Anche qui vale: meglio aver per­so una buona occasione che buttato i soldi dalla finestra. 
  Anselm Grün
 
 Se un notaio «amico» del vostro consulente finanziario alle 8 di sera ha giusto posto per un appuntamento, qualcosa non quadra

mercoledì 12 ottobre 2011

Guardati da un consigliere, informati quali siano le sue necessità - egli nel consigliare penserà al suo interesse - perché non getti la sorte su di te

Da www.seitreseiuno.net trovo questa bella riflessione sul consigliere... chi non sa... ha la tentazione di consigliare  .Nella Bibbia di Gerusalemme è intitolato "I consiglieri" ed è parte del  c.37 del
Siracide.
"Ogni consigliere suggerisce consigli, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio. Guardati da un consigliere,
informati quali siano le sue necessità - egli nel consigliare penserà al suo interesse - perché non getti la sorte su di te
e dica: 'La tua via è buona', poi si terrà in disparte per vedere quanto ti accadrà. Non consigliarti con chi ti guarda di
sbieco, nascondi la tua intenzione a quanti ti invidiano. Non consigliarti con una donna sulla sua rivale, con un
pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio, con un compratore sulla vendita, con un invidioso sulla
riconoscenza, con uno spietato sulla bontà di cuore, con un pigro su un'iniziativa qualsiasi, con un mercenario
annuale sul raccolto, con uno schiavo pigro su un gran lavoro; non dipendere da costoro per nessun  consiglio.
Invece frequenta spesso un uomo pio, che tu conosci come osservante dei comandamenti e la cui anima è come la
tua anima; se tu inciampi, saprà compatirti. Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui.
La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Al di sopra di
tutto questo prega l'Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità" (vv.7-15).
Il contesto del brano
Il libro del Siracide è una successione, non sempre ordinata, di proverbi, consigli, massime di saggezza talora
molto sobrie e talora persino troppo quotidiane, quasi pessimistiche. Si direbbe che l'autore riproduce una
coscienza o scienza della storia che si acquista con l'età, sempre sotto lo sguardo di Dio e con delle aperture
impreviste. Aperture che ci aiutano a passare dagli eventi deludenti di ogni giorno alla visione più profonda del
Signore che ci guida. E' proprio il caso, come vedremo, del brano sui consiglieri.
Nel contesto immediato, il brano si colloca tra altre due serie di suggerimenti pratici: la serie dei "falsi amici" -
"Ogni amico dice: 'Anch'io ti sono amico', ma esiste l'amico che lo è solo di nome..." (37,1-6) - e le massime sulla
"vera e falsa sapienza (vv.16-29).
E' dunque  un contesto di discernimento per capire quali sono nella nostra esperienza le realtà e gli
atteggiamenti che si presentano bene e però non sono buoni fino in fondo. Discernimento che l'Ecclesiastico, il
figlio di Sira ci invita a operare anche a proposito dei consiglieri.
Le cinque parti del brano
Il nostro testo è divisibile in cinque parti che commenterò una per una.
1. La prima parte - vv.7-9 - sottolinea il problema nodale.
"Ogni consigliere suggerisce consigli, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio". Di conseguenza, "guardati da un
                                                   
2
Basterebbe richiamare il testo della LG 12 in cui si afferma che «...il giudizio sulla genuinità (dei carismi) e ordinato uso
appartiene all'autorità ecclesiastica, alla quale spetta soprattutto di  non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e
ritenere ciò che è buono (cf. 1 Ts 5, 12 e 19-21)», per rendersi conto della valenza giuridica dei carismi e perciò del dovere,
pure giuridicamente esigibile, dei pastori.6
consigliere, informati quali siano le sue necessità - egli nel consigliare penserà al suo interesse - perché non getti
la sorte su di te e dica: 'La tua via è buona', poi si terrà in disparte per vedere quanto ti accadrà".
"Perché non getti la sorte su di te" è un'espressione che costituisce un problema testuale difficile; secondo la
versione ebraica si dovrebbe tradurre: "perché succede ciò?", ma comunque l'insieme mi sembra chiaro.
Ciò che viene a galla è appunto il problema del consigliare, o meglio l'insidia più profonda: chi mi consiglia lo
fa in funzione dei suoi interessi? è una persona davvero libera interiormente? L'applicazione di questa semplice
massima è molto ampia: nella vita amministrativa, sociale e politica occorre guardarsi da chi ha interessi propri da
sostenere e da promuovere, interessi che distolgono dal ben consigliare e dal decidere bene. E' un'ammonizione,
un caveat che sarà valido in tutti i tempi.
Leggo inoltre nei vv.8-9  il problema dell'irresponsabilità, atteggiamento forse più comune nel consigliere
ecclesiastico: 'La tua via è buona, va bene, vai avanti con coraggio', ma poi si tiene in disparte per vedere quanto ti
accadrà. Chi consiglia così fa finta di consigliare, non ha il senso della corresponsabilità. Ricordo un proverbio
inglese molto saggio che recita: Dammi dei buoni consigli e insieme il tuo aiuto economico, così che tu non abbia
a rischiare solo sulla mia pelle! Chi consiglia senza assumersi poi la responsabilità di gestione, parla da ottimista,
da sognatore, spinge l'altro a buttarsi in avventure pericolose da cui lui sta lontano.
2. Dopo aver esposto i due nodi del consigliare  - libertà e responsabilità - viene dato, come sempre nei libri
sapienziali, un elenco e, nel nostro caso, un elenco di consiglieri sbagliati. E' la seconda parte del testo, vv.10-
11. "Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco, nascondi la tua intenzione a quanti ti invidiano" è il versetto
introduttivo di una lista un po' umoristica perché è una specie di lettura dell'esistenza quotidiana.  "Non
consigliarti con una donna sulla sua rivale, con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio, con un
compratore sulla vendita, con un invidioso sulla riconoscenza, con uno spietato sulla bontà di cuore, con un pigro
su un'iniziativa qualsiasi, con un mercenario annuale sul raccolto, con uno schiavo pigro su un gran lavoro; non
dipendere da costoro per nessun consiglio".
Sono sconsigliati anzitutto i consiglieri incapaci di dominare le emozioni e che, addirittura, non ti vedono di
buon occhio (chi ti guarda di sbieco, chi ti invidia); hanno infatti  interessi acquisiti di ordine negativo, non
vantaggi da ottenere, ma piccole vendette da perpetrare. Meglio quindi non affidarsi a loro.
Poi le categorie si precisano meglio evidenziando lo spirito di humour che pervade tutto il libro del Siracide:
"Non consigliarti con una donna sulla sua rivale"; probabilmente non si allude semplicemente a rivalità e gelosie
in generale, bensì a una situazione di poligamia dove ciascuna delle donne  vorrebbe essere la preferita.  Il
consiglio si può tuttavia applicare ad altre situazioni: se Tizio ce l'ha con Caio, non chiedergli consiglio su Caio.
"Con un pauroso sulla guerra", è un suggerimento che va da sé. Meno facile, a prima vista, capire perché non si
deve chiedere consiglio a un "mercante sul commercio". Si suppone, penso, che il mercante ne approfitti per
soffiarti quell'affare di cui gli hai parlato. "Con un compratore sulla vendita" è un esempio più sottile e ci vengono
in mente le aste pubbliche e tutte quelle forme di offerte di servizio che rischiano - quando ci sono degli imbrogli -
di privilegiare l'uno sull'altro. Seguono utili suggerimenti che riguardano stati d'animo, non interessi acquisiti o
possibili. "Un invidioso sulla riconoscenza", "uno spietato sulla bontà di cuore", dal momento che il loro cuore è
occupato da sentimenti contrari. Buffo il suggerimento di non chiedere consiglio a "un pigro su un'iniziativa
qualsiasi": il pigro, paventando di essere coinvolto e di dover uscire dalla propria pigrizia, darebbe un consiglio
sbagliato. Difficile è capire quale forma di contrasto sta dietro al consiglio di non chiedere al "mercenario annuale
sul raccolto": forse il mercenario ha qualche interesse sul raccolto, e vuole appropriarsene e fa quindi credere che
è andato male. L'ultima massima ritorna sul tema della pigrizia, dello "schiavo pigro su un gran lavoro", e
conclude: "non dipendere da costoro per nessun consiglio".
A questo punto ci domandiamo: esiste il consiglio? di chi dobbiamo fidarci? con chi possiamo consigliarci?
3. Risponde la parte costruttiva - dopo quella  destruens, distruttiva e critica -, che pero non  è esente da
sorprese.
"Invece frequenta spesso un uomo pio, che tu conosci come osservante dei comandamenti e la cui anima e
come la tua anima; se tu inciampi, saprà compatirti" (v. 12). In questo solo versetto sono contenute le quattro
caratteristiche del consigliere giusto. Esiste il consigliere giusto, possiamo trovarlo e dobbiamo avere fiducia in
lui:  è un uomo pio, che teme il Signore e non pensa di essere l'unico padrone dell'esistenza propria e altrui;
osserva i comandamenti, perché e educato all'autodisciplina, all'onesta, al rispetto delle persone e delle cose
altrui. Due caratteristiche che riguardano il consigliere nella sua vita religiosa ed etica. Le altre due concernono il
rapporto del consigliere con te: la sua anima è come la tua anima, ti stima, sente profondamente quali sono i
tuoi intenti, e libero, serio e ti capisce; se inciampi, saprà compatirti, non ti manda allo sbaraglio per poi dirti: io 7
non ne ho colpa, la scelta e tua, ma se inciampi ti sarà vicino, ti sosterrà, non ti abbandonerà.
In altre occasioni avevo espresso i modi, le ragioni e le motivazione del consigliare partendo dalla Scrittura e
riferendomi anche al dono del consiglio così come ne parla san Tommaso. Oggi, seguendo il testo del Siracide,
vorrei sottolineare che consigliare bene è difficile e che richiede una certa vita interiore, una spiritualità, una
affinità con le intenzioni della Chiesa, come pure la voglia di pagare di persona (è vero che il consigliere non è
responsabile delle decisioni che vengono prese e tuttavia se il suo consiglio è accolto deve sentirsi coinvolto fino
in fondo nella scelta che ne deriva).
4. La quarta parte, vv.13-14, e la più sorprendente perché sembra riportare tutto alla propria scelta interiore:
"Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta suole
avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare". Il linguaggio è molto concreto, ricco di immagini.
Il primo monito ("segui il consiglio del tuo cuore"), letto nell'insieme del libro e nel contesto dell'intera Bibbia,
non svalorizza il consiglio  - come può apparire a una lettura superficiale -, ma contiene una profonda verità.
Nessun consigliere ci esime dall'assumerci la nostra responsabilità e quindi guai a chi dicesse: ho agito in base a
quanto mi è stato consigliato e se la scelta si è rivelata sbagliata la colpa è anche del consigliere. Chi ascolta il
consiglio, soprattutto se ha la responsabilità del decidere  non può far cadere su altri gli effetti negativi della
propria decisione. E' importante chiarire il rapporto tra consiglio e deliberazione: il consiglio accompagna la
deliberazione, qualunque essa sia (ecclesiale, sociale, civile), fino all'ultimo, e però la deliberazione deve essere
assunta con piena responsabilità, da colui che ha il compito di decidere, seguendo il consiglio del cuore. Seguire il
consiglio del cuore significa discendere in profondità per ascoltare lo Spirito che parla in noi, e non un generico
andare dove ti porta il cuore. Consigliere ultimo non può non essere lo Spirito che permette di fare la sintesi di
quanto si è recepito dai consiglieri.
Molto bella l'immagine che spiega il monito: "La coscienza di un uomo talora suole avvertire meglio di sette
sentinelle collocate in alto per spiare". A dire: quando siamo coinvolti in una decisione molto importante, che
comporta gravi conseguenze, si risvegliano in noi delle antenne che ci fanno cogliere bene non solo quanto
dobbiamo decidere per conto nostro, ma pure come dobbiamo lasciarci illuminare e come dobbiamo vagliare i
consigli.
Il testo del Siracide non descrive un processo rigorosamente democratico (quello proprio di un Parlamento o
di una Società per azioni); descrive piuttosto il modello di una responsabilità partecipata secondo gravi diversi.
E' il modello appunto di certi organismi ecclesiali (Consiglio presbiterale, Consiglio pastorale diocesano, decanale,
parrocchiale, in qualche maniera lo stesso Sinodo dei Vescovi e ultimamente persino il Concilio ecumenico).
La Chiesa, come corpo di Cristo, ha una struttura nella  quale le membra tutte collaborano al bene
dell'insieme, ma hanno funzioni e responsabilità diverse; il capo è Cristo e quindi la decisione ultima è sempre
sua.
5. Che la decisione ultima sia sempre del Signore è espresso nella quinta e ultima parte, al v.15: "Al di sopra
di tutto questo prega l'Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità". Nel regno di Dio  è Dio che ci
conduce; noi ci sforziamo di  capire la sua volontà passando per gradi diversi di riflessione, e tuttavia ogni
decisione alla fine va riportata e affidata a Lui che è il nostro Pastore e ci guida nei pascoli della verità.
Conclusione
A partire dal brano del Siracide, la riflessione potrebbe allargarsi a livello istituzionale. Noi abbiamo colto un
aspetto, che pur rispecchiando una società antica diversa dalla nostra, è certamente  utile per comprendere la
Chiesa che, prima di essere società, è anzitutto mistero, è corpo di Cristo di cui tutti siamo parte, di cui tutti
siamo in qualche maniera costruttori, anche se l'ultima responsabilità è del Capo dal quale tutto discende e dello
Spirito che penetra la varie parti di questo corpo.

martedì 11 ottobre 2011

almeno i 7 punti di forza


Ho preso da Roberto Beretta | 07 ottobre 2011 http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=583 questo spunto di riflessione
Giustamente un lettore mi invita a non guardare solo alle cose negative della Chiesa. Accogliendo questo spunto stavolta propongo il mio elenco in positivo.
Cerco di far forza sul mio temperamento polemico per cogliere lo spunto proveniente da un commento al mio precedente post: non guardare solo le cose negative della Chiesa, ma anche «ragionare in positivo» e «far strada senza rimanere fermi a piangere su noi stessi». È un atteggiamento corretto, fa parte del metodo dell'«et et» che è fondamentale per il cristiano. Non dico dunque che cercherò di elencare le 7 virtù (cardinali e teologali) del cristiano oggi, ma almeno i 7 punti di forza che - nonostante tutte le crisi della secolarizzazione - potremmo ancora avere dalla nostra parte: se sapessimo sfruttarli anche nell'evangelizzazione e nella pastorale.

  1. La meraviglia. L'«effetto sorpresa» è sempre stato un elemento fondamentale dei grandi strateghi, e noi cattolici ne avremmo a bizzeffe da spendere: basti pensare alle cose «incredibili» a cui crediamo, dalla figliolanza di un Dio Padre alla resurrezione del Figlio fatto uomo. Ma purtroppo le viviamo come un risaputo tran tran, se non addirittura come un peso per la nostra razionalità.
  2. La fedeltà. Nell'epoca dei rapporti «a tempo determinato», essere capaci di mantenere liberamente una promessa «a vita» può avere l'effetto dirompente di introdurre un soffio di eternità anche quaggiù. Purché - è ovvio - la propria coerenza non si tramuti in una cattedra da cui giudicare chi ha avuto altre storie.
  3. La gradualità. La fede è una scala che coglie ciascuno sul gradino che gli compete in quel momento; tutti devono cercare di salire più in alto possibile, certo, però nessuno è obbligato a superare un dato livello (né di dogma, né di culto, né di morale) per sentirsi cristiano come gli altri. «Gli ultimi saranno i primi» vale anche (o soprattutto) nella Chiesa.
  4. La comunità. Se solo sapessimo stare insieme, sarebbe praticamente inutile ogni altra tattica pastorale: «Vi riconosceranno da come vi amerete». Invece - purtroppo - non ci amiamo, e dunque siamo scarsamente riconoscibili e poco credibili come missionari. Però in un mondo sempre più condannato all'individualismo, i cristiani conservano comunque un prezioso germe di fraternità da coltivare a vantaggio di tutti.
  5. La coscienza. Non è un principio «protestante»! Il cardinale Newmann, ex anglicano citato volentieri anche dai cattolici più «tradizionalisti», sosteneva che «la coscienza è il primo vicario di Cristo in terra». Prima del Papa? Già, prima e più del Papa... E sta proprio lì il nesso dinamico tra la difesa gelosa della libertà personale e l'obbedienza a un progetto di salvezza che coinvolge il mondo intero.
  6. L'essenzialità. Non abbiamo tessere, non ci è richiesta la frequenza a corsi di teologia, non ci distinguiamo dagli altri né per una divisa né per particolari divieti alimentari; qualcuno sostiene ani che questa carenza di pratiche caratteristiche e obbligatorie è anche causa di una debole identità. Può essere. Ma di sicuro costituisce una continua sfida alla nostra volontà: per scegliere ogni momento se starci oppure no, come fosse la prima volta.
  7. La misericordia. La nostra società (apparentemente dura e scostante) ha una sete infinita di comprensione e di perdono, ma sono sempre meno le sorgenti capaci di distribuire questi doni con generosità e larghezza. La Chiesa potrebbe essere uno di questi, se avesse uno sguardo meno arcigno sulla vita della gente e accettasse di rimandare a data da destinarsi la cernita tra il grano e il loglio che convivono sempre nell'esistenza di tutti.
Ho elencato sette possibili punti di forza del cristianesimo moderno; ma probabilmente ce ne sono molti altri. E anche qui invito il lettore a continuare la lista.

lunedì 10 ottobre 2011

sono fiero di essere italiano

Anche se è il primo giorno in cui posso riprendere in mano il computer e pur essendo ancora in ospedale voglio scrivere il mio blog. Metterò a posto le pagine che ho saltato, ma intanto riparto con una frase di don Gnocchi visto che sono nella sua Baracca di Rovato.
"La maggioranza degli uomini, che sono anche i meno provveduti intellettualmente e moralmente, si lascia invadere dalla propaganda, lentamente e inavvertitamente, e finisce di pensare in serie. Si forma così un esperanto del pensiero nel quale annega e si spegne la scintilla della personalità intellettuale."
Scusatemi se non è poco.
Dalla mia finestra vedo la sua statua con i suoi mutilatini e sopra la bandiera italiano gonfiata dallo spirito della sua opera.
Con concittadini così sono fiero di essere italiano.

domenica 9 ottobre 2011

Una Chiesa che non si sente missionaria è una chiesa morta.

L’assemblea a cui il Signore ci chiama, allora, è quella in cui la Chiesa si senta continuamente in cammino, sulle strade degli uomini. Una delle miserie e delle tragedie più grandi per la Chiesa sarebbe quella di smettere di sentirsi in cammino, di sentirsi già arrivata, di aver concluso il proprio percorso e la propria attività. Una Chiesa che smette di essere in cammino è una Chiesa atrofizzata, paralizzata. Una Chiesa che non si sente missionaria è una chiesa morta. Una Chiesa che guarda solo ai propri problemi, che si chiude nel proprio guscio, è una Chiesa che soffoca all’interno di una stanza dove non gira aria, perché si tengono chiuse le finestre sul mondo. Quanto più la Chiesa avrà il coraggio di aprirsi al mondo, tanto più avrà la forza di rinnovarsi e di rinascere, ogni giorno.
Ancora: questo banchetto festoso, questa assemblea a cui il Signore ci chiama non è una cosa preconfezionata da lui, che dobbiamo consumare così com’è. La sua realizzazione dipende anche dalla nostra presenza, e dal nostro impegno. Che senso avrebbe un banchetto di cibi succulenti e di grasse vivande senza la presenza dei commensali? Che senso ha la storia della salvezza senza la partecipazione dell’uomo all’opera di Dio? Che senso ha, in definitiva, sentirsi cristiani appartenenti a una Chiesa, se a questa appartenenza non facciamo pure corrispondere una presenza attiva, per quanto a ognuno è dato di fare? Dio non sa che farsene di un gruppo di persone alla cui assemblea, sia pur invitati esplicitamente, non vogliono partecipare. Alberto Brignoli