sabato 5 febbraio 2011

territorio santificato, o maledetto


A proposito del Dolore

Il dolore è una cosa intima, da rispettare: 
quando una persona prova ad entrare nel mio, 
io chiudo porte e finestre. 
Esiste un pudore, 
santificato dalla sensibilità di chi sa:
non si può pretendere di insegnare nulla a nessuno. A ciascuno il suo percorso, 
a ciascuno il suo dolore. 
Non si deve mai invadere il territorio 
santificato, o maledetto. 
L'invasione di quel falso "ti voglio bene"
non fa un passo su un territorio minato 
da fiori o da ortiche. 
E' un terreno privato, 
dove l'invadenza è reato: 
è bene che si resti fuori. 
Chi ti vuole veramente bene, 
sa stare al suo posto, 
non ti dice solamente"ti voglio bene", 
ma sa dimostrarlo.  
Sa che quando apro le porte e le finestre 
può entrarci, non prima.
Troppe persone 

hanno cercato di invadere il mio territorio 
con il loro "ti voglio bene" , 
ma la mia risposta è  questa: 
Il mio dolore è diventata 
consapevolezza con cui vivo, 
tanto da saperlo dominare con  serenità; 
se gli dico"alzati" egli si alza, 
se gli dico: 
"a cuccia" lui si accuccia. 
 

Rondine

nel loro cuore il senso della giustizia, dell'onestà e della carità

Signore, che pensi ai gigli del campo e agli uccelli dell'aria, 
li vesti e li nutri e li fai prosperare, 
manifesta anche su di me la tua provvidenza paterna. 
Aiutami, mio Dio:poiché la nostra salvezza 
può venire soltanto da uomini onesti e buoni, 
metti nel loro cuore il senso 
della giustizia, dell'onestà e della carità. 
Guarda, o Padre, la nostra famiglia, 
che fiduciosamente aspetta da te il pane quotidiano. 
Rasserena la nostra vita, 
fortifica i nostri corpi, 
perché possiamo corrispondere 
più facilmente alla tua grazia divina e sentire 
su di noi, sulle nostre preoccupazioni e angustie, 
il tuo amore paterno.
Autore: Card. Giovanni Battista Montin

venerdì 4 febbraio 2011

un uomo che parli con la sua vita


oSi cerca per la Chiesa un uomo
senza paura del domani,
senza paura dell'oggi,
senza complessi del passato.
  Si cerca per la Chiesa un uomo,
  che non abbia paura di cambiare,
  che non cambi per cambiare,
  che non parli per parlare.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di vivere insieme agli altri,
di lavorare insieme,
di piangere insieme,
di ridere insieme,
di amare insieme,
di sognare insieme.
  Si cerca per la Chiesa un uomo
  capace di perdere senza sentirsi distrutto,
  di mettersi in dubbio senza perdere la fede,
  di portare la pace dove c'è inquietudine
  e l'inquietudine dove c'è pace.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che abbia nostalgia di Dio,
che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente,
nostalgia della povertà di Gesù,
nostalgia dell'obbedienza di Gesù.
  Si cerca per la Chiesa un uomo
  che non confonda la preghiera
  con le parole dette d'abitudine,
  la spiritualità col sentimentalismo,
  la chiamata con l'interesse,
  il servizio con la sistemazione.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di morire per lei,
ma ancora di più
capace di vivere per la Chiesa,
un uomo capace di diventare ministro di Cristo,
profeta di Dio,
un uomo che parli con la sua vita.
  Si cerca per la Chiesa un uomo.
don Primo Mazzolari

"Ho cominciato ad essere amico di me stesso." Ho fatto un grande progresso: non sarò mai solo.

Ti manderò perciò i miei libri e perché tu non perda tempo a rintracciare qua e là i passi utili, li sottolineerò: così troverai subito quello che condivido e apprezzo. Più che un discorso scritto, però ti sarà utile il poter vivere e conversare insieme; al momento è necessario che tu venga, primo perché gli uomini credono di più ai loro occhi che alle loro orecchie, poi perché attraverso i precetti il cammino è lungo, mentre è breve ed efficace attraverso gli esempi.(Lettere a Lucilio I.6.5 Seneca)
... non ti faccio venire solo perché tu ne tragga giovamento, ma anche perché tu mi sia utile; ci aiuteremo moltissimo a vicenda.(Lettere a Lucilio I.6.7 Seneca)
... il pensiero che oggi mi è piaciuto in Ecatone. "Tu chiedi quali progressi abbia fatto?" egli scrive, "Ho cominciato ad essere amico di me stesso." Ha fatto un grande progresso: non sarà mai solo. Sappi che tutti possono avere questo amico. Stammi bene.(Lettere a Lucilio I.6.8 Seneca)

rende possibile resistere



Credo in te, amico.
Credo nel tuo sorriso,
finestra aperta nel tuo essere.
Credo nel tuo sguardo,
specchio della tua onestà.
Credo nella tua mano,
sempre tesa per dare.
Credo nel tuo abbraccio,
accoglienza sincera del tuo cuore.
Credo nella tua parola,
espressione di quel che ami e speri.
Credo in te, amico,
così, semplicemente,
nell'eloquenza del silenzio.



...nella solitudine, nella malattia, nella confusione, la semplice conoscenza dell'amicizia rende possibile resistere, anche se l'amico non ha il potere di aiutarci. È sufficiente che esista. L'amicizia non è diminuita dalla distanza o dal tempo, dalla prigionia o dalla guerra, dalla sofferenza o dal silenzio. È in queste cose che essa mette più profonde radici. È da queste cose che essa fiorisce....

Pam Brown

capace di far sorgere la tua vita


Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare
di sembrare stupido per l'amore,
per i sogni, per l'avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente
e lasciare l'estasi riempirti fino alla punta delle dita
senza prevenirci di cautela,
di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni
degli esseri umani.
Non voglio sapere se la storia
che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro
per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l'accusa di un tradimento e,
non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza
anche quando non è bella tutti i giorni
se sei capace di far sorgere la tua vita
con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere
con il fracasso, tuo o mio,
e continuare a gridare all'argento di una luna piena: SI!
Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore,
triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei,
o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare
in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere.
Non voglio sapere cosa hai studiato,
o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro,
quando tutto il resto non l'ha fatto.
Voglio sapere se sai stare
da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia
che hai nei momenti vuoti.

Scritto da un'indiana della tribù degli Oriah

ti dara’ gioia


Ama

Ama finche’ non ti fa male,
e se ti fa male,
proprio per questo sara’ meglio.
Perche’ lamentarsi?
Se accetti la sofferenza
e la offri a Dio, ti dara’ gioia.
La sofferenza
e’ un grande dono di Dio:
chi l’accoglie,
chi ama con tutto il cuore,
chi offre se stesso
ne conosce il valore.

Madre Teresa

il rispetto per ogni vita umana nascente

PREGHIERA DEL PAPA BENEDETTO XVI PER LA VITA NASCENTE
Signore Gesù,
che fedelmente visiti e colmi con la tua Presenza
la Chiesa e la storia degli uomini;
che nel mirabile Sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue
ci rendi partecipi della Vita divina
e ci fai pregustare la gioia della Vita eterna;
noi ti adoriamo e ti benediciamo.

Prostráti dinanzi a Te, sorgente e amante della vita
realmente presente e vivo in mezzo a noi, ti supplichiamo.
Ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente,
rendici capaci di scorgere nel frutto del grembo materno
la mirabile opera del Creatore,
disponi i nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino
che si affaccia alla vita.

Benedici le famiglie,
santifica l'unione degli sposi,
rendi fecondo il loro amore.

Accompagna con la luce del tuo Spirito
le scelte delle assemblee legislative,
perché i popoli e le nazioni riconoscano e rispettino
la sacralità della vita, di ogni vita umana.
Guida l'opera degli scienziati e dei medici,
perché il progresso contribuisca al bene integrale della persona
e nessuno patisca soppressione e ingiustizia.

Dona carità creativa agli amministratori e agli economisti,
perché sappiano intuire e promuovere condizioni sufficienti
affinché le giovani famiglie possano serenamente aprirsi
alla nascita di nuovi figli.

Consola le coppie di sposi che soffrono
a causa dell'impossibilità ad avere figli,
e nella tua bontà provvedi.

Educa tutti a prendersi cura dei bambini orfani o abbandonati,
perché possano sperimentare il calore della tua Carità,
la consolazione del tuo Cuore divino.

Con Maria tua Madre, la grande credente,
nel cui grembo hai assunto la nostra natura umana,
attendiamo da Te, unico nostro vero Bene e Salvatore,
la forza di amare e servire la vita,
in attesa di vivere sempre in Te,
nella Comunione della Trinità Beata.
Amen.

giovedì 3 febbraio 2011

il mondo presente contiene indizi e segnali di un altro mondo


Uno dei romanzi più noti di André Gide (1869-1951) s'intitola La sinfonia pastorale. Il libro è ambientato nella Svizzera di lingua francese negli anni Novanta (1890) e narra la storia di una complessa relazione fra un pastore protestante e Gertrude, una ragazza cieca dalla nascita.
Di particolare interesse è il modo in cui il pastore prova a comunicare a Gertrude cose come la bellezza dei prati alpini, trapuntati di fiori dai colori sgargianti, e la maestà delle montagne dalle cime innevate. Egli prova a descrivere i fiori azzurri che crescono sulla riva del fiume paragonandoli al colore del cielo, ma deve rendersi subito conto che lei non può vedere il cielo per apprezzare il paragone. In questo suo lavoro egli si sente continuamente frustrato dalla limitatezza del linguaggio che usa per far conoscere la bellezza e lo stupore della natura alla giovane cieca. Ma le parole sono il solo strumento di cui dispone. Non può che perseverare sapendo di poter comunicare solo a parole una realtà che non può mai essere completamente espressa con parole.
Allora ecco un nuovo e insperato sviluppo. Un oculista della vicina città di Losanna ritiene che la ragazza possa essere operata agli occhi in modo da ottenere la vista. Dopo tre settimane trascorse nella casa di cura, ella torna a casa, dal pastore. Adesso può vedere e sperimentare da sola le immagini che il pastore aveva cercato di comunicarle solo attraverso le parole.
“Appena ho acquistato la vista - ella disse - i miei occhi si sono aperti su un mondo più stupendo di come avrei mai potuto sognare che fosse. Sì, davvero, non mi sarei mai immaginata che la luce del giorno fosse così brillante, l’aria così limpida e il cielo così vasto”.
La realtà sorpassa di gran lunga la descrizione verbale. La pazienza del pastore e le sue goffe parole non avrebbero mai potuto descrivere adeguatamente il mondo che la ragazza non poteva vedere da sola, il mondo che chiedeva di essere sperimentato piuttosto che meramente descritto.
Per il cristiano, il mondo presente contiene indizi e segnali di un altro mondo, un mondo che possiamo cominciare a sperimentare ora, ma che conosceremo nella sua pienezza solo alla fine.

(Alister Mc Grafth, Il Dio sconosciuto, Cinisello Balsamo, 2002, 35-37)

un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio

Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi
Stanotte per la prima volta ero sveglia 
al buio con gli occhi che mi bruciavano, 
davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. 
Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: 
cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi 
delle mie preoccupazioni per il domani, 
ma anche questo richiede una certa esperienza. 
Ogni giorno ha già la sua parte.

Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, 
ma a priori non posso prometterti nulla. 
Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, 
e cioè che tu non puoi aiutare noi, 
ma che siamo noi a dover aiutare te
e in questo modo aiutiamo noi stessi
L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, 
e anche l’unica che veramente conti
è un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio. 
E forse possiamo anche contribuire
a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini
Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto 
per modificare le circostanze attuali 
ma anch’esse fanno parte di questa vita. 
Io non chiamo in causa la tua responsabilità, 
più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. 
quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: 
tu non puoi aiutarci,
ma tocca a noi aiutare te, 
difendere fino all’ultimo la tua casa in noi.
Esistono persone che all’ultimo momento 
si preoccupano di mettere in salvo 
aspira polveri, forchette e cucchiai d’argento, 
invece di salvare te, mio Dio
altre persone, che sono oramai 
ridotte a semplici ricettacoli 
di innumerevoli paure e amarezze, 
vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. 
Dicono: non mi prenderanno. 
Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno 
se si è nelle tue braccia
Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, 
dopo questa conversazione con te. 
Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e 
in questo modo ti impedirò di abbandonarmi
Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi 
scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; 
ma credimi, io continuerò a lavorare per te e 
a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio.
Per il dolore grande ed eroico ho abbastanza forza, mio Dio, 
ma sono piuttosto le mille piccole preoccupazioni quotidiane 
a saltarmi addosso e a mordermi come altrettanti parassiti
Be, allora mi gratto disperatamente per un po’
e ripeto ogni giorno: per oggi sei a posto, 
le pareti protettive di una casa ospitale ti scivolano sulle spalle come un abito che hai portato spesso e che ti è diventato famigliare,
anche di cibo ce n’è a sufficienza per oggi, 
e il tuo letto con le lenzuola bianche 
con le sue calde coperte è ancora lì, pronto per la notte e dunque, 
oggi non hai diritto di 
perdere neanche un attimo della tua energia in piccole preoccupazioni materiali
Usa e impiega bene ogni minuto di questa giornata e rendila fruttuosa,
fanne un’altra salda pietra su cui 
possa ancora reggersi il nostro povero e angoscioso futuro.
Il gelsomino dietro casa è completamente sciupato 
dalla pioggia e dalle tempeste di questi ultimi giorni, 
i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere
scure e melmose che si sono formate sul tetto basso del garage. 
Ma da qualche parte dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre e spande il suo profumo 
tutt’intorno alla tua casa, mio Dio. 
Vedi come ti tratto bene
Non ti porto soltanto le mie lacrime e le mie paure
ma ti porto persino in questa domenica mattina grigia e tempestosa, 
un gelsomino profumato.
Ti porterò tutti i fiori che incontro sul mio cammino 
e sono veramente tanti.
Voglio che tu stia bene con me. 
E tanto per fare un esempio: 
se io mi ritrovassi richiusa in una cella stretta 
e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata, 
allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, 
sempre che ne abbia ancora la forza.
Etty Hillesum, nata in una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, è  morta ad Auschwitz nel novembre del 1943. Questo suo diario è stato pubblicato per la prima volta nel 1981 con immenso successo paragonabile a quello che accolse il diario di Anna Frank.

liberami dal desiderio...dalla paura

Signore, liberami dal desiderio di essere stimato,
di essere amato,
di essere innalzato,
di essere apprezzato,
di essere lodato,
di essere scelto,
di essere consultato,
di essere approvato,
di essere famoso…
Signore, liberami dalla paura di essere disprezzato,
di essere condannato,
di essere dimenticato,
di essere giudicato male,
di essere deriso,
di essere sospettato…

Autore: Charles de Foucauld

questa cosa ingombrante che chiamo 'Io'

Dammi, o Signore, la sanità del corpo insieme con l'intenzione di mantenerla nel modo migliore.
Dammi una buona digestione ed anche qualcosa da digerire.
Dammi, o Signore, un'anima santa che abbia occhi per la bellezza e la purezza, affinché non s'impaurisca, nel vedere il peccato, ma sappia vincerlo nel modo migliore.
Dammi un'anima che non conosca la noia, il mormorare, il gemere e il sospirare.
Non premettere che io mi dia troppa pena per questa cosa ingombrante che chiamo 'Io'.
Signore, dammi dell'allegria, dell'umorismo, dell'ottimismo, affinché io tragga qualche bene da questa vita e ne faccia partecipi anche gli altri.
Così sia! 
Autore: San Tommaso Moro

mercoledì 2 febbraio 2011

promuovere l’educazione alla vita buona del Vangelo

La sfida dell’educazione emerge, infatti, sempre più chiaramente come la questione più urgente per la vita della società, e quindi anche della Chiesa. È il Papa stesso a ricordarci che a causa di un errato concetto di autonomia della persona, di una riduzione della natura a mera materia manipolabile e della stessa Rivelazione cristiana a momento di sviluppo storico, privo di contenuti specifici, il processo di trasmissione dei valori tra le generazioni è fortemente compromesso. Per questo i luoghi tradizionali della formazione, quali la famiglia, la scuola e la comunità civile, sembrano tentati di rinunciare alla responsabilità educativa, riducendola a una mera comunicazione di informazioni, che lascia le nuove generazioni in una solitudine disorientante. In realtà, la vera esperienza educativa porta a scoprire che l’io di ogni persona è dato e si compie in relazione al “tu” e al “noi”, e ultimamente al “tu” di Dio, rivelatoci in Cristo e reso accessibile dal dono dello Spirito Santo. Infatti, “solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’‘io’ a se stesso”. Sostenuti da queste visione antropologica e teologica, riconosciamo l’importanza vitale di promuovere l’educazione alla vita buona del Vangelo.
Roma, 6 gennaio 2011
Solennità dell’Epifania del Signore
La Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata

La parola qui è sacra. E sintesi di cuore, di corpo e di mente


del nostro corrispondente a Londra Renato Zilio

La osservo avanzare lentamente, fare un lieve inchino, presentarsi all’ambone. “Lettera di san Paolo...” Maria, emigrata già dagli anni 60, inizia a leggere, ma solo dopo un lunghissimo respiro. Non legge, proclama. Lentissimamente. Pronuncia una parola dopo l’altra, articolandola come se dovesse raccontare qualcosa a un bambino con un’inflessione, un respiro e un ritmo senza tempo, sospesi nell’aria. Non c’è assolutamente fretta o voglia di concludere. Ogni parola per un bambino è come una finestra che illumina un avvenimento, un sentimento o un’emozione dentro. Sarà importante, allora, prendersi il tempo di affacciarsi.

Per san Paolo ogni parola è un messaggio, come un frutto gonfio di vita rivolto a una comunità riunita. Maria si ferma ogni tanto con un silenzio interminabile. Benefico. “Ogni parola autentica nasce dal silenzio e dal silenzio è custodita.” Pare quasi di capire che ogni parola dell’apostolo è scavata nell’abisso della sua anima, nell’esperienza di lotta di un essere itinerante, migrante come lei. Come lui. Ma c’è anche l’amore alla nostra lingua, nel mare di un’altra che all’estero ti circonda la lingua materna è una terra di salvezza. Un incontro con quello che eri una volta, la tua origine stessa. 

Pare di ascoltare da lei la lettera di un figlio che scrive dal fronte. Ogni parola viene pesata, sollevata, guardata e riguardata, gustata fino in fondo. È Paolo di Tarso dal fronte delle prime comunità e dello Spirito che le anima. Comunità raccolte da lui, ma fatte di mille pezzi diversi che Paolo amava come colei che le genera, come una madre. E assomigliano tanto alla nostra comunità di oggi, fatta di calabresi e di friulani, di gente del sud e del nord messi insieme, con qualcuno del posto. Guardo con stupore questa assemblea composita di emigranti della nostra terra, che proprio qui assaporano la parola “unità” e “comunione” in nome di Dio. 

E così penso al disagio che provo, a volte, nel rientrare al paese, alla mia parrocchia, e vivere precisamente l’inverso. La Parola di Dio in una celebrazione sembra qualcosa di letto velocemente, come una vecchia poesia che si impara a scuola e si ripete meccanicamente. Sembra quasi una parola che scivola via senza sapore, senza amore. Non vi avverti la fibra dell’apostolo. Il fuoco dello Spirito. Non vedi l’ansia o i mille volti di un popolo di Dio finalmente riunito. Sono i nostri, semplicemente. E per di più con lo stesso pastore da tantissimi anni. 

Penso, allora, alla Parola di Dio vissuta qualche tempo fa in terra africana. Dopo il canto, i tamburi, le voci, le mani, il loro ritmo con due colpi e due pause, un lunghissimo grido corale si alzava al punto più alto e tutto, infine, si spegneva d’incanto. Si piombava subito in un silenzio perfetto, immobile. Una miriade di volti neri ti fissava, allora, dall’assemblea con gli occhi ben aperti. Lunghi momenti di attesa, mentre una vera emozione ti prende. Poi, la parola esce dal lettore. Viene offerta con gesto lento come gustandola prima, ruotandola nel palato, assaporandola. Parola calma, sonora e solenne. Vedi subito dagli occhi e dal silenzio come ognuno la riceve: la attende, la gusta, gli risuona nelle tempie, gli fa brillare lo sguardo, scende nell’anima, in profondità. Comprendi allora concretamente che cosa vuol dire una “civiltà della parola” come questa, africana. La parola qui è sacra. E sintesi di cuore, di corpo e di mente. E ancor più dell’amore di Dio, fattosi Parola lui stesso. Essa si posa nella vita di ognuno dopo l’ascolto e la penetra per darne forza, bellezza e coraggio.

E ciò mi fa pensare ancora a un missionario conosciuto all’estero e i gruppi biblici che organizzava di sera tra gli emigrati di Ciociaria. Ed era leggere, commentare e lasciare emergere ciò che essi stessi stavano scrivendo con la loro vita: il loro esodo e la loro resistenza, il coraggio e la fede vissuti in terra straniera, come gli ebrei sui fiumi di Babilonia. Era per il missionario stimolare l’un l’altro con un “sì, ma questo sei tu, Salvatore, raccontaci...”oppure: “E quella volta cosa è capitato invece a te, Concetta, racconta...” Faceva risorgere la Parola in tante storie vissute. In avvenimenti concreti e preziosi di malattie, di sorprese o imprevisti, alla maniera semplice e popolare dei nostri emigranti. Vedevi quanto straordinario era per loro prenderne coscienza. Comprendere, finalmente, la dignità della loro esistenza, “una storia sacra” scritta ai nostri giorni. Nelle lacrime, nelle gioie o nelle conquiste di gente che un giorno si era messa in cammino, essi avevano incontrato Dio. Senza saperlo.

essere voluti e amati da Dio in Cristo

 Fondamentale per scoprire che vivere è essere voluti e amati da Dio in Cristo istante per istante:

ciascuno è amato,
ciascuno è necessario.
Non vi è niente di più bello
che essere raggiunti,
sorpresi dal Vangelo,
da Cristo.
Non vi è niente di più bello
che conoscere lui
e comunicare agli altri
l’amicizia con lui” (Benedetto XVI).

nella certezza del tuo amore

O Signore,
ora che il dolore, la tristezza e la trepidazione
pesano sul mio cuore,
guidami con chiarezza nella fede
a trovare in te l'aiuto e il conforto.
Lo Spirito Santo
mantenga in me la serenità dell'abbandono
filiale e mi aiuti ad accettare dalla tua mano
tutti gli avvenimenti.
Fa che, nella certezza del tuo amore,
io trovi risposta a quelle domande
che superano la sapieza umana.
Io possa sentire,
sulla mia strada dolorosa,
il tuo passo sicuro
che non mi abbandona mai.

Anonimo

martedì 1 febbraio 2011

Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita


“Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull’orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno , ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita”.
(Elli Michler)

non precipitarti subito a scrivere


Sii teso ad apprendere più che a insegnare, 
poiché insegnando sei utile agli altri, 
ma solo imparando farai il tuo bene; 
e non abbandonare lo studio 
fino a quando non avrai la certezza 
di non aver più nulla da apprendere.
Subisci il fascino di ciò che è detto e non di chi lo dice, evitando in tal modo 
l'accettazione passiva del sapere, 
e preoccupati
che il tuo docente non ti impedisca 
di progredire per tuo conto, 
tenendoti legato a sé per amore.
Come è vero che ci si nutre del frutto 
e non delle foglie del melo, 
così anteponi sempre 
il significato al significante 
e ricorda: 
la persuasione 
ha bisogno di catturare gli animi con discorsi ornati, ma all'insegnamento si addice la chiarezza. 
Là dove manchi la ricchezza dei contenuti 
abbondano le parole; 
è infatti costume di chi non ha progetto moltiplicare le strade o sfinirsi in tentativi.
Che certezza potrà mai trasmetterti 
chi dubita di sé?
Solo chi ha una logica di azione resta se stesso, 
fermo come il Sole, 
mentre lo stolto è 
instabile come l'erratica Luna;poiché chi ha una mente provvida incede con passo sicuro:
prima medita a lungo e poi parla correttamente, 
per non doversi giudicare con vergogna.
Il desiderio di comprendere ciò che dicono i dotti 
e ciò che fanno i buoni 
arda sempre nel tuo cuore.
Impara a lungo, Astrolabio e 
insegna solo quando sarai certo;
insegna tardi e non precipitarti subito a scrivere:
non voglio che il tuo insegnamento sia quello 
di un maestro impulsivo, costretto a improvvisare 
e a plasmare il sapere che deve trasmettere. "

Insegnamenti al figlio
di Pietro Abelardo

non mi rubi la gioia

Signore, aiutami a sopportare questo male
 per le anime che hanno più' bisogno 
e che Tu ami cosi tanto. 
Aiutami a sopportare questo male 
assieme alla mia famiglia, i miei amici e a tutti quelli che hanno cura di me, 
donaci forza e coraggio. 
Fa, Signore, che questo male non mi rubi la gioia 
nella vita che Tu mi hai regalato. 
Con il Tuo aiuto, camminerò verso la Tua luce 
in piena conoscenza della promessa che 
a nessuno di noi darai una croce da portare più pesante 
di quanto possiamo sopportare. 
Signore, aiutami a vivere ogni momento del mio male ringraziandoti, 
lodandoti e glorificandoti, 
in attesa della Tua venuta,
 Amen Anonimo

lunedì 31 gennaio 2011

anche la mia notte passerà

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Improvvisamente un'immensa pesantezza è caduta su di me, 

e non so dove fuggire.
Non ho più voglia di vivere.
Dove sei Signore? 

Trascinato senza vita, verso un deserto immobile, 
soltanto ombre circondano le mie frontiere. 
Come posso uscirne?
Pietà di me, mio Dio...

Come una città assediata, 
mi circondano, mi opprimono, mi soffocano 
l'angoscia, la tristezza, l'amarezza, l'agonia.
Come si chiama tutto questo? 

Nausea? 
Tedio della vita? 
Non ti dimentico, Gesù, Figlio di Dio e servo del Padre, 
che là,nel Getsemani, 
il tedio e l'agonia ti oppressero 
fino a farti versare lacrime e sangue. 
Una pesante tristezza di morte inondò la tua anima, 
come un mare amaro...
Ma tutto passò! 
Io so, che anche la mia notte passerà. 
So che squarcerai queste tenebre, mio Dio, 
e domani spunterà la consolazione.
Cadranno le grosse mura e di nuovo potrò respirare.
La mia anima sarà visitata e tornerà a vivere. 
Grazie, mio Dio, perché tutto è stato un incubo, 
soltanto l'incubo di una notte che è già passata. 
Adesso donami pazienza e speranza. 
E si compia in me, la Tua volontà, mio Dio. 
Amen. Autore: Ignacio Larranaga           

Allora mi rialzerò di nuovo

Signore,
la croce è troppo pesante per te
e tuttavia tu la porti
perché il Padre lo vuole, per noi.
Il suo carico è superiore alle tue forze
e tuttavia tu non la rifiuti.
Cadi, ti rialzi e prosegui ancora.
Insegnami a capire che ogni vera sofferenza
presto o tardi, in un modo o nell'altro
risulterà alla fine troppo pesante
per le nostre spalle,
perché non siamo creati per il dolore,
ma per la felicità.
Ogni croce sembrerà superiore alle forze.
Sempre si udirà il grido stanco
e pieno di paura: "Non ne posso più!".
Signore, aiutami in quell'ora
con la forza della tua pazienza e del tuo amore
affinché non mi perda d'animo.
Tu sai quanto grande può essere
il peso di una croce.
Non ci imputare il diventar deboli,
ma aiutaci a rialzarci.
Rinnovami nella pazienza,
infondimi la tua forza nell'anima.
Allora mi rialzerò di nuovo,
accetterò il mio peso e andrò oltre.

Autore: Romano Guardini

per un certo tempo o per sempre, non so, fuori combattimento

Signore, questa volta non ne posso più.
Da mesi mi sono intestardito
a compiere tutto il mio dovere professionale,
ad accontentare diligentemente
tutti coloro che mi chiedevano
piccoli e grandi favori.
Mi ci sono ostinato.
E' così desolante
lasciare incompleto un lavoro
che in realtà non sarà mai completato.
È normale che uno si ostini
a tener duro, spossandosi.
Eccomi dunque, Signore,
per un certo tempo o per sempre,
non so, fuori combattimento.
Sia fatta la tua volontà.
So che siamo sempre dei servi inutili,
l'essenziale è amarti
e continuare ad amare
intensamente i propri fratelli
quando pare impossibile
poter essere utili per loro.
Tu solo sai ciò che è meglio
e io mi affido a te, Signore.

Autore: L.J. Lebret

le tue orme da seguire

Sono qui, Signore Gesù,
al margine della strada,
senza strada.
Vedo altri sfrecciare davanti a me,
e tutti mi appaiono felici e sicuri di sè;
io invece non vedo che nebbia e foschia.
I miei passi, però, cercano le tue orme da seguire;
il bene e il male sono mel mio cuore che,
senza tregua, cerca, chiede e chiama.
RavviVa in me tutto ciò che è addormentato,
tutto ciò che languisce,
tutto ciò che muore di tristezza
e donami un pieno d'entusiasmo.
Desidero essere il tuo discepolo
e imparare da Te, Maestro.
Signore, sono debole, incostante.
Insegnami a fermarmi da Te
per 'fare il pieno' e poi ripartire;
e Tu precedimi e spianami un po' il cammino:
allora arriverò là dove Tu vuoi!
(ANONMO)

grazie per questo Tuo grido

E nel silenzio dell'attesa, un grido: - Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?


Sei calmo e gridi ...
Signore, Ti rendo grazie per questo Tuo grido.
In quest'ora crocifissa, mi unisco a Te, gridando. 
E' il grido di uno che vuol credere 
e si sente mancare la fede: 
di uno che vuol amare, 
e si sente portar via il cuore.
Signore, 
non Ti domando di vedere, 
non Ti domando di amare. 
Ti domando solo 
di non rigettare il grido di questa povera anima 
che, gridando, 
si attacca disperatamente a Te.
Primo Mazzolari TEMPO DI CREDERE ... E L'UN DEI DUE ...

domenica 30 gennaio 2011

in tutti e due i casi non ti pago...In tutti e due i casi mi paghi


I misteri e la genialità (per alcuni, l'immoralità) dell'arte retorica
di autore anonimo dei Prolegomena in artem rhetoricam (XIV 26, 11)



Il potere mistificatorio e le possibilità di manipolazione della parola sono esemplificati da un notissimo aneddoto, di cui sono protagonisti due antichi oratori, considerati i primi artefici di τέχναι ῥητορικαί, ovvero di «manuali teorico-pratici di arte oratoria».
Si tratta di Corace e Tisia, che secondo la tradizione furono maestro e discepolo.
La scena è a Siracusa, nella prima metà del V secolo a.C.
Corace, maestro prestigioso e affermato, tiene una sorta di “scuola privata” alla quale si dirigono i giovani di belle speranze per imparare i rudimenti della retorica, una “scienza” ancora agli albori. Un giorno gli si presenta Tisia, un giovane intelligente e squattrinato, interessato ad apprendere i segreti del parlare in modo efficace e persuasivo.
Corace si commuove, di fronte all’entusiasmo del suo giovane interlocutore e decide di accettarlo gratuitamente come discepolo, a questo patto: Tisia avrebbe pagato l’onorario al maestro nel momento in cui avesse affrontato e vinto il suo primo processo, dimostrando così di essere diventato oratore abile e in grado di guadagnarsi da vivere.
Passa il tempo, le lezioni si sono ormai concluse, ma Tisia continua a rimandare il giorno del suo primo processo. Corace comincia a seccarsi, perché ritiene l’allievo ormai perfettamente in grado di destreggiarsi con l’arte che gli è stata insegnata.
Ma poiché Tisia pervicacemente rimanda l’attività forense e si rifiuta di pagare il maestro, Corace lo cita in tribunale, ma Tisia risponde alla richiesta di pagamento:


«No, se mi hai insegnato bene la retorica devo essere in grado di convincerti che non ti devo niente, e non ti do niente. Se non mi riesce, se io non sono capace di convincerti che non ti devo niente, vuol dire che non mi hai insegnato bene la retorica, e in tutti e due i casi non ti pago».
L'altro, Corace, a sua volta gli ha risposto: «Se tu riesci a convincermi che non mi devi niente allora vuol dire che ti ho insegnato bene la retorica e quindi mi paghi. Se non riesci a convincermi mi paghi perché non mi hai convinto. In tutti e due i casi mi paghi»".

la stessa che a te


Brano tratto da De civitate dei, libro IV, capitolo 4
di Agostino d'Ippona
Ingiustizia e violenza degli stati e dei briganti
Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: "La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta".



(cfr. Cicerone, De rep. 3, 14, 24.)
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Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia? quia et latrocinia quid sunt nisi parva regna? Manus et ipsa hominum est, imperio principis regitur, pacto societatis astringitur, placiti lege praeda dividitur. Hoc malum si in tantum perditorum hominum accessibus crescit, ut et loca teneat sedes constituat, civitates occupet populos subiuget, evidentius regni nomen assumit, quod ei iam in manifesto confert non adempta cupiditas, sed addita impunitas. Eleganter enim et veraciter Alexandro illi Magno quidam comprehensus pirata respondit. Nam cum idem rex hominem interrogaret, quid ei videretur, ut mare haberet infestum, ille libera contumacia: "Quod tibi, inquit, ut orbem terrarum; sed quia ego exiguo navigio facio, latro vocor; quia tu magna classe, imperator".

i nuovi eroi da sostenere, gli illusi da finanziare...voi giovani che leggete

I ragazzi se ne fregano del mondo piccolo e brutto che stiamo costruendo loro. Se ne fregano per due motivi: o perché ormai ne fanno parte o perché vogliono qualcosa di diverso. I primi non vogliono futuro ma sicurezza e si vendono; i secondi sono disposti a rischiare pur di avere futuro, rinunciando anche alle sicurezze a buon mercato…
Calvino diceva che ci sono due modi di per non soffrire l’inferno in cui siamo immersi: “il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Ecco i nuovi eroi da sostenere, gli illusi da finanziare, quelli disposti a non lasciarsi raccomandare, quelli disposti a non darla via, quelli disposti a faticare. Li trovi soprattutto tra coloro che si affacciano alla vita con speranza: i giovani. Però più entrano nel mondo adulto più rinunciano alla loro eroica speranza di illusi, persino i loro padri li incoraggiano a imboccare la via facile. Ma qualcuno ha detto che “il cielo è dei violenti”, non certo degli ignavi. E io aggiungo: anche la terra appartiene a quelli che hanno il coraggio di far violenza contro sé stessi, pur di non scendere a patti con la mediocrità di chi si vende. Ai ragazzi dobbiamo questo coraggio, costi quel che costi. Forse così non salveremo il paese, ma la dignità sì, almeno quella.
Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione, martedì 25 gennaio 2010 - http://www.profduepuntozero.it/