martedì 30 agosto 2011

possiamo definirla una solitudine positiva, santa


In viaggio…
Come colui che lascia Parigi per il deserto sorride da lontano alla solitudine; come il viaggiatore che attende con cuore ansioso le lunghe giornate al mare; come il monaco che accarezza con gli occhi i muri della sua clausura, così, fin dal mattino, apriamo la nostra anima alle piccole solitudini della giornata. (Madeleine Delbrel)
Nel vorticoso ritmo dell’estate che coinvolge, in maniera diretta o indiretta, un po’ tutti sembra strano pensare di potersi sentire soli. Eppure, lo stordimento estivo solo apparentemente sembra frenare quel lavoro della memoria e del pensiero che si innesca, in maniera istintiva, quando abbiamo il tempo per fare bilanci o quando, immersi in un contatto più profondo con la natura, percepiamo il senso dell’infinito e di Dio. Non è una solitudine triste, amara, possiamo definirla una solitudine positiva, santa. Una specie di autoterapia che, incosciamente, si sviluppa, se lo permettiamo e non la soffochiamo, per permetterci di rimanere umani e di ritrovare il senso e la radice della nostra umanità.
Allora l’anima si slarga e si affaccia su ampi orizzonti; allora il ritmo e le tensioni si rallentano e si ritrova il gusto di ragionare con se stessi; allora la memoria si dipana e ci riconsegna attimi lieti o dolorosi, volti cari, nostalgie che rendono vivo il cuore. Quanto pesa il cuore? Pochi grammi! Ma racchiude la nostra vita, i nostri sentimenti,mcome uno scrigno prezioso. Pochi grammi gravidi di eternità. È questo il viaggio più vero, la partenza dal biglietto gratuito che tutti, ricchi e poveri, possono permettersi,quel ‘viaggiare’ dell’anima che ci rende pellegrini, cercatori instancabili di Dio. Per fare questo viaggio, però, bisogna accettare la sfida delle tante solitudini:  Solitudini che potremmo temere e che sono lo svuotamento del nostro cuore: persone care che se ne vanno e che vorremmo con noi; amici che si aspettano e che non arrivano; cose che si vorrebbero dire e che nessuno ascolta; estraneità del nostro cuore in mezzo agli uomini. Il primo passo verso la solitudine è una partenza (Madeleine Delbrel).
Ma se questa solitudine è necessaria possiamo essere certi che i nostri passi non sono abbandonati. Qualcuno cammina con noi, quel viaggiatore fedele che è Dio. Lui non si stanca di esplorare i nostri mondi interiori, di porvi la sua dimora, di lasciarli riposare in Lui, nella sua Parola, nella sua vicenda umana e divina. Con la delicatezza di un innamorato ci trascina con Sé, nel mistero della sua
Trasfigurazione, ci consegna candore delle vesti e splendore del suo volto, perché impariamo a salire in alto, a cercare il volto luminoso e nascosto delle situazioni; ci rivela la luce del cielo e della gloria che ci attende, mentre contempliamo stupiti il miracolo della assunzione di Maria, nostra sorella e madre e impariamo a tenere ‘al di sopra’ i nostri cuori, liberandoci da inutili affanni; ci conduce per mano nella dolcezza della sua Croce che ci avvolge in un abbraccio di misericordia e ci ritesse fanciulli nell’anima, straordinario miracolo dell’amore. Così, questo tempo, che la Chiesa madre ci consegna, è trapuntato da
stelle luminose che la liturgia ci offre e mentre, nelle notti d’agosto contempliamo cadere le stelle, sappiamo che la comunione dei santi dipana la tela della grazia e la posa leggera sui sogni degli uomini, le loro limpide gioie e gli inascoltati dolori. Allora il nostro cuore può cantare nell’intimo il canto della santità: Troppo mi ami, Signore, tutto hai donato per me. Ora mi chiedi che il cuore altro non sappia che te (Servo di Dio  Guglielmo Giaquinta).
Loredana Reitano http://www.prosanctitate.org/admin/DB_pdf/1967_aggancioagosettxsito.pdf

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