domenica 13 marzo 2011

La rinuncia rende acuto lo sguardo


A me che ogni anno non riesce di fare non dirò il digiuno, ma nemmeno l'astinenza, con i panini secolarizzanti di tutti i bar nei dintorni della redazione e, prima che andasse a cucinare per il Padreterno, i manicaretti di mia suocera e i suoi sacrosanti ricatti affettivi («le ho fatto le polpette, non le piacciono più?») a congiurare contro i miei virtuosi propositi; a me che ho fallito anche quando ho provato ad astenermi dalla televisione («ma proprio quest'anno che al venerdì c'è Zelig!») o da Internet invece che dalle carni, o dal parlare troppo (e allora in casa o al lavoro montava subito qualche discussione nella quale tacere proprio non potevo); a me che alle adorazioni eucaristiche dopo cena mi addormento come un sasso, e che ringrazio Dio perché non smette di offrirmi occasioni per qualche infimo gesto di carità, perché se aspetta che me le vada a cercare io campa cavallo... a me cristiano minimo, del suo editoriale è piaciuto tutto, ma di più l'idea che «la Quaresima, oggi, è anche rito dell'ironia: che sorride in faccia ai gufi della fine della storia», e che le vere facce quaresimali non sono le nostre, ma quelle «impresse sulle maschere del godimento», sulla «obesità delle nostre abitudini pigre e insaziabili» che ci rende insensibili a tutto, sul nostro tono di voce «perennemente alterato, il nostro gesto isterico», il naso «spiaccicato sul cellulare, non vediamo più niente», non sentiamo più niente.
Invece, dice Sequeri, «il digiuno affila la mente. La rinuncia rende acuto lo sguardo. L'esercizio dello spirito ingentilisce il gesto. L'eleganza del distacco ridona sensibilità all'essenziale. La silenziosa lotta con il male rende affidabili. Il credente transita così, con gesto sobrio e discreto, attraverso le anime flaccide e sepolcrali delle nuove divinità d'Occidente. Impara ad abitare coraggiosamente la disperazione della vita che vive per niente. Insegna a morire per qualcosa di enorme che riguarda tutti. Segna la soglia del mistero. E ci rende capaci di varcarla. Perché la generazione che viene esca dall'incantamento che l'istupidisce preventivamente: a caro prezzo. E ritorni sveglia per l'attrazione della vita che sta oltre la barriera. Deve finire questo paese dei balocchi: e deve ritornare, infine, il senso della vita come storia. Altroché, se deve». http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=354
Il mio viaggio verso Pasqua è incominciato.
Ho fatto tanti propositi:
rinuncerò a qualcosa,
frenerò la lingua,
sarò più paziente,
cercherò di vedere il positivo...
Ed ecco che già iniziano i problemi,
le difficoltà, le stanchezze,
la tentazione di lasciar perdere,
di rimandare al giorno dopo,
di dimenticare la mia promessa...
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
e sono già stufo e sbuffo.
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
ma non ci credo che ce la farò...
E provo vergogna... e anche un po' di rabbia...
Ma forse... ho sbagliato tutto.
Sì...
Ho sbagliato a pensare
che il cammino verso Pasqua,
significhi solo una serie di impegni e di rinunce,
una moltiplicazione di sacrifici e di preghiere...
Forse, in questa Quaresima,
dovrei solo abbandonarmi a te,
lasciarmi andare a te così come sono:
fragile, incapace, limitato, peccatore.
Abbandonarmi a te, perché
tu, Signore, sei il cammino che percorro.
Tu, Signore, sei la mano che mi guida.
Tu, Signore, sei lo sguardo che mi fa percepire gli altri.
Tu, Signore, sei la bocca quando ti do testimonianza.
Tu, Signore, sei l'orecchio, che ascolta le parole non dette.
Tu, Signore, sei la strada di questa Quaresima
che mi porta incontro a te,
che mi porta incontro agli altri.
Amen
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