giovedì 17 marzo 2011

la disponibilità a rischiare nel nome del Signore

(Est 4,1.3-5.12-14)
Non ho altro soccorso fuori di te, o Signore.
Dal libro di Ester
In quei giorni, la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un'angoscia mortale. Si prostrò a terra con le sue ancelle da mattina a sera e disse

«Tu sei benedetto, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all'infuori di te, o Signore, perché un grande pericolo mi sovrasta.
Io ho sentito dai libri dei miei antenati, Signore, che tu liberi fino all'ultimo tutti coloro che compiono la tua volontà. Ora, Signore, mio Dio, aiuta me che sono sola e non ho nessuno all'infuori di te.
Vieni in soccorso a me, che sono orfana, e poni sulle mie labbra una parola opportuna davanti al leone, e rendimi gradita a lui. Volgi il suo cuore all'odio contro chi ci combatte, a rovina sua e di quanti sono d'accordo con lui. Quanto a noi, liberaci dalla mano dei nostri nemici, volgi il nostro lutto in gioia e le nostre sofferenze in salvezza
».
La preghiera di Ester contiene degli elementi fondamentali anche in relazione al modo in cui è opportuno pregare.
Dopo avere elevato a Dio la preghiera di lode, Ester avanza la sua richiesta.
La preghiera si presenta nelle parole di Ester come un cammino graduale di maturazione spirituale. La capacità di pregare autenticamente, come la possibilità di raggiungere certe profondità di dialogo col Signore, non deriva da una tecnica, o da una metodologia appresa, bensì da un cammino graduale, durante il quale la persona entra in un’intimità sempre più profonda con lo Spirito di Dio, come del resto avviene in ogni relazione anche a livello umano; con il tempo e con la condivisione dell’esperienza, ogni rapporto personale si intensifica e si approfondisce.
Il riferimento di Ester alla sua infanzia non è casuale.
In età adulta Ester è capace di affidare a Dio le sue problematiche personali, è capace di esprimere una preghiera di lode e di richiesta; e una tale preghiera, come si vede nel seguito del racconto, sortisce infallibilmente i suoi effetti benefici su un intero popolo.
Soprattutto ciò che viene seminato nell’infanzia, torna in superficie nei momenti più difficili della vita adulta. La preghiera di Ester termina riconoscendo la signoria assoluta di Dio e la sua conoscenza di tutto ciò che è nascosto; segue poi la richiesta del suo intervento in favore di Israele, intervento che Dio compirà attraverso la persona stessa di Ester.
L’orante deve perciò sapere che la preghiera di intercessione, esige un contributo personale da parte di colui che prega, un contributo di lotta e di rischio personale, un contributo di disponibilità a essere strumenti dell’opera di Dio, pagando eventualmente di persona. Ester dimostra di avere anche questa seconda caratteristica dell’orante: la disponibilità a rischiare nel nome del Signore. Alla domanda su dove possa trovarsi un tale coraggio, si risponde dicendo che il coraggio di servire Dio si attinge dalla preghiera stessa. La preghiera è infatti un modo di attingere forza nel Signore (cfr. Ef 6,10; 2 Tm 2,1). 
Quel Dio che Ester percepisce come onnipotente, come preveniente, come Colui che tutto conosce e tutto domina, ma è innanzitutto il nostro Padre.
Il cuore di Dio, infinitamente perfetto e sensibile di una sensibilità soprannaturale, si intenerisce alla richiesta dell’uomo che si avvicina a Lui con quella stessa fiducia dei bambini.
La preghiera cristiana assume a questo punto il suo significato più profondo: l’esperienza interiore di sentirsi “figli di Dio”, conduce il cuore umano verso la fiducia illimitata della preghiera.
http://www.cristomaestro.it/lectio_liturgica/tempi_forti/quaresima/giovedi_quaresima.htm



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