sabato 4 settembre 2010

Un cristiano che pensa è un cristiano che cresce

 Charles Haddon Spurgeon (1834 – 1892), predicatore battista inglese.
C'é una grande differenza se io edifico qualcuno, o se lo lodo talmente da diventare un pallone gonfiato.
Chi crede veramente trova sempre una via, e se non la trova se la fa.
Chi legge la Bibbia per trovarci degli errori, si renderà presto conto che la Bibbia trova degli errori in lui.
Chi non vuole quando può, non potrà quando vorrà.
Dire cose che si è sentito dire, è già mezza bugia.
Dov'è Dio? Dimmi piuttosto dove Dio non c'è!
È il piccolo sasso nella scarpa che fa zoppicare il credente.
Gli errori diventano sempre grandi dove l'amore è piccolo.
Il nostro tempo e il tempo di Dio non vengono misurati con lo stesso orologio.
Il timore di Dio è la cura migliore contro il timore degli uomini.
In una goccia di approvazione da parte di Dio c'è più gloria che in un mare di lode umana.
I secondi pensieri sono spesso i migliori.
La gente che non fa niente, è sempre la prima che fa delle critiche a tutto.
L'amore è l'unico fazzoletto che riesce ad asciugare le lacrime dei tristi.
La politica migliore è l'onestà.
La ragione è un lume, il credente un sole!
La soddisfazione è meglio della ricchezza.
La verità della parola di Dio non ci salverà mai, finché non diventerà una verità del nostro cuore.
Le capacità che sono dentro una persona sono più grandi di quanto lui crede, e le capacità che Dio può dare sono più grandi di quello che può sognare.
Le preghiere sono misurate per il peso e non per lunghezza.
Meglio una Bibbia nel cuore che sullo scaffale.
Non abbiamo altro tempo a disposizione che quello di oggi.
Non è quanto si possiede, ma quanto si assapora a fare la felicità.
Ogni confessione che non avviene verso Cristo necessita una conversione.
Quando nella fede c'è bassa marea, spesso l'alta marea sale nel peccato.
Quello che il flusso sanguigno è per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per la Chiesa.
Solamente nel silenzio le promesse di Dio diventeranno grandi.
Una bocca sempre aperta fa pensare ad una testa sempre vuota.
Una vera confessione è altrettanto impossibile da nascondere come lo è la luce in una stanza in una stanza buia.
Un cristiano che pensa è un cristiano che cresce.
Usa la preghiera come se fosse una potente trivella che fa scaturire l'acqua viva dalle viscere della Parola.

venerdì 3 settembre 2010

Tempo

Mi chiamo Tempo. Non sono esistito da sempre ed un giorno passerò per sempre, ma in questo momento sto misurando la vita.
Gli uomini mi aspettano, si sottomettono a me, mi temono; ma nessuno- solo Dio - può fermarmi. Egli mi sorveglia e mi ha annunciato che sto per raggiungere la mia fine.
La maggior parte degli uomini credono che ci sarò sempre. Si sbagliano,quando mi fermo, c'è l'eternità.
In quel giorno sarà troppo tardi - troppo tardi per pentirsi, troppo tardi per riconciliarsi con Dio per mezzo di Gesù Cristo, troppo tardi per aver fede - non ci sarà altro che un'eternità colma di pace e gioia oppure di terrore e rimorso.
Oggi è il giorno della salvezza. Devi decidere oggi che sarai nell'eternità.
Oggi, io Tempo, esisto e passo. Verrà il giorno che tutto cambierà. Allora non ti sarà più possibile possedermi. Quando non ci sarò più, non avrai più alcuna occasione per decidere dove trascorrerai l'eternità.

giovedì 2 settembre 2010

Ho messo insieme l'uomo, e ogni pezzo del mondo è andato al suo posto.

“ Un giovane padre stava comodamente seduto in poltrona, cercando di leggere il giornale, ma la bambina lo assillava
perché voleva giocare con lui. Dispiacendosi per essere stato interrotto, ma non volendo urtare i sentimenti della sua
piccola, strappò da una pagina del giornale una grande figura del mondo. La ridusse in tanti piccoli pezzi, poi, rivolto alla
bambina , le disse: “Appena avrai ricomposto la figura giocheremo insieme.”. Dopo alcuni minuti di silenzio la bambina
ritornò dal papà con la figura intatta. “ Come hai fatto a ricomporla così in fretta?”, le chiese il padre. “Facile” - le rispose
la bimba – “dall'altra parte del mondo c'era la figura di un uomo. Ho messo insieme l'uomo, e ogni pezzo del mondo è
andato al suo posto.”
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mercoledì 1 settembre 2010

Gesù Cristo ricercato

Poiché
lo aspettavano ricco
e abitava con il povero.
Lo aspettavano potente
ed il suo potere è l’amore.
aspettavano un guerriero
ed è la pace la sua legge.
Lo aspettavano re dei re
e servire è il suo regnare.
Lo aspettavano sottomesso
e piega ogni orgoglio,
denunciando l’oppressione,
predicando libertà.
Lo aspettavano silenzioso
e la sua parola è la porta
dalla quale entrano
quelli che gridano
con la propria vita
la verità.
Ricompensa:
Se lo trovi, segui le sue orme

lunedì 30 agosto 2010

Pensaci tu

Compleanno...senza questa consapevolezza la vita si perderebbe nel vuoto e nel non senso

Ho ricevuto con molto piacere e con grato entusiasmo un libro di Pavel Florenskij "ai miei figli" nel giorno del mio sessantesimo compleanno. Si sa che un dono rende presente la persona che te lo fa e te la rappresenta. In questo caso, vista la statura dell'autore, me la fa apparire enormemente cara e da lustro alla persona speciale qual'è di suo. Sto imparando a volerle bene e spero, se vorrà, con discrezione paterna. La voglio ringraziare con alcune parole tratte da un altro libro dello stesso autore pubblicato da Mondadori con il titolo Non dimenticatemi
Il pensiero di un uomo, le sue convinzioni di vita, le sue riflessioni e la sua visione della storia del momento in queste lettere, in queste parole che Florenskij rivolge sì ai familiari ma anche in qualche modo, a tutti: “essere e non apparire, costruire una disposizione d’animo chiara e trasparente, una percezione del mondo integrale, e coltivare con attenzione e in modo disinteressato il pensiero.” (13 maggio 1937). E ancora: “Non tradire mai le tue più profonde convinzioni interiori per nessuna ragione al mondo. Ricorda che ogni compromesso porta a un nuovo compromesso, e così all’infinito.
Inoltre, nel “Testamento” rivolgendosi ai figli, Florenskij scrive: “Non fate le cose in maniera confusa, non fate nulla in modo approssimativo, senza persuasione, senza provare gusto per quello che state facendo. Ricordate che nell’approssimazione si può perdere la propria vita! (…) Cari figli miei, guardatevi dal pensare in maniera disattenta. Il pensiero è un dono di Dio ed esige che ci si prenda cura con tutte le forze del suo oggetto. (…) Quando proverete tristezza nel vostro animo guardate le stelle oppure il cielo di giorno. Quando siete tristi, offesi, sconsolati o sconvolti per un tormento dell’anima, uscite all’aria aperta e fermatevi in solitudine immersi nel cielo. Allora la vostra anima troverà quiete.

Nella lettera rivolta alla moglie: “Ognuno ha il proprio dolore e la propria croce. Perciò non lamentarti della tua. In questo periodo attorno a me ho visto tanto dolore in tutte le sue forme e le sue cause, che ciò mi ha distolto completamente dal mio.” (23-24 marzo 1934).
Ma “vedere nell’altro realmente una persona che ami (28 aprile 1936)” è la convinzione di fede di Florenskij sacerdote e teologo poiché egli ha la “ferma convinzione che al mondo niente si perde, né di bene né di male, e presto o tardi lascerà il suo segno. (…) La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se non cessiamo di percepirlo (…) senza questa consapevolezza la vita si perderebbe nel vuoto e nel non senso” (23 febbraio 1937
)
È una consapevolezza forse maturata giorno dopo giorno, grazie anche ai suoi studi scientifici, matematici, filosofici, sicuramente sentita e provata da questo grande teologo e uomo di fede.

questi figli prodighi non hanno trovato nessun padre ad attenderli

Ho letto con molta ansia e desiderio di rispondere con la vita a questo testo della Susanna Tamaro che riporto intregralmente da http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=126508. Mi piacerebbe  offrire il mio tempo e la mia vita per la causa. Voglio mettermi a disposizione , ma non farò un dramma se non avrò mandato per questo ministero. Anche questo è imparare le virtù del Padre: scruterò le strade che riportano a casa e attenderò sulla torre pronto ad abbandonarla per correre incontro a chi vorrà far ritorno.
Poche settimane fa il Papa ha istituito un nuovo organismo, nella forma di «Pontificio Consiglio», con il compito di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi che stanno vivendo una «progressiva secolarizzazione» e una sorta di «eclissi del senso di Dio». Da cosa, da chi dipende questa «grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa» di cui parla Benedetto XVI e a cui questo nuovo dicastero vorrebbe porre rimedio? Da anni mi trovo a vivere in una posizione di confine. Non ho avuto, in famiglia, un’educazione cattolica, anzi, provengo da un ambiente ateo, anticlericale e massone ma avendo una natura inquieta, nel corso della mia vita, ho fatto un lungo cammino spirituale che mi ha riavvicinato al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo. Non è stato un cammino lineare né sempre luminoso, la via interiore, infatti, è un continuo confronto con il male.
Se la mia fede esiste - e resiste - è perché continuo a studiare, a leggere, a interrogarmi e ad accettare anche giorni in cui mi sembra di non credere. Negli ultimi dieci anni molte altre persone della mia generazione hanno intrapreso un percorso simile, lasciandosi alle spalle ideologie politiche, new age e vari movimenti orientali per tornare alla fede del Vangelo ma, nella maggior parte dei casi, questi figli prodighi non hanno trovato nessun padre ad attenderli. Così, dopo un periodo di grande trasporto, non trovando interlocutori né accoglienza, si sono nuovamente allontanati.
La Chiesa infatti - nonostante i molti dibattiti tra laici e credenti - continua a essere autoreferenziale, a respingere chi è in ricerca e a diffidare profondamente di chi ha fatto un percorso spirituale diverso. Come mi disse un giorno un prete irritato - al quale stavo spiegando il sentito e tardivo riavvicinamento alla fede di un’amica di cui avrebbe dopo poco celebrato il funerale - «gli ultimi mesi non contano niente, bisogna stare da sempre nella Chiesa», dimostrando così un’ammirevole pienezza evangelica. Malgrado tutti i discorsi sull’apertura, sulla nuova evangelizzazione, la Chiesa continua a essere una struttura solo apparentemente accogliente, accoglie giustamente i poveri, si prodiga con generosità per alleviare le sofferenze degli ultimi, ma spesso, in questa bulimia di buone azioni, si dimentica delle inquietudini delle persone normali. Mancano i padri e le madri spirituali, persone credibili, che abbiano fatto un cammino, che conoscano la complessità e la contraddittorietà della vita e che, con umiltà e pazienza, sappiano accompagnare le persone lungo questa strada, senza giudicare e senza chiedere risultati.
Nel padre o nella madre spirituale non c’è niente di nuovo, bensì qualcosa di straordinariamente antico: la sete di un’anima che incontra un’altra anima in grado di aiutarla a cercare l’acqua. Non occorrono nuovi «input», nuovi dicasteri, nuove sfide, nuovi raduni oceanici. Occorre soltanto ricordarsi che nell’uomo esiste una parte di mistero e che questa parte va nutrita. La natura umana è sempre uguale e, per crescere interiormente, richiede le stesse cose oggi come ai tempi dei padri del deserto. Se così non fosse, non si spiegherebbe il fascino che ancora ha, ad esempio, San Francesco che da più di ottocento anni continua a parlare e a commuoverci con le sue parole e la sua vita. San Francesco infatti era un Santo. E cosa vuol dire Santo? Essere una persona integra, totale, una persona che non ha doppiezze, fraintendimenti, che conosce solo il «sì sì, no no» di evangelica memoria. Sono così la maggior parte delle persone di Chiesa che ci vengono incontro, che parlano dai pulpiti delle parrocchie, in televisione, sui giornali? Hanno sguardi luminosi? Le loro bocche parlano davvero della pienezza del cuore? Sono forze di santità? E se lo sono, perché non arrivano, perché le loro parole lasciano per lo più indifferenti, se non irritati? Perché non faccio altro che incontrare persone buone, rette, etiche, che si sono allontanate per sempre dalla Chiesa dopo esperienze deteriori con i suoi rappresentanti? Dove «deteriore» non è solo il caso estremo del pedofilo, ma anche quello più semplice del sordido, dell’ignavo, del gretto, comunque del doppio? Perché, nel cattolicesimo, è concessa questa doppiezza? La bocca si riempie di parole alte, ma la vita, spesso, non le manifesta. La coerenza non sembra essere richiesta. Eppure, dove la coerenza c’è, dove c’è testimonianza della pienezza della vita di fede, le chiese sono piene, i nuovi eremiti sparsi sull’Appennino hanno il problema di gestire il flusso delle persone che ininterrottamente va da loro. Già, perché questi sono tempi di grande inquietudine e di grande ricerca. L’uomo in cammino non si accontenta più di formule, di luoghi comuni, di convenzioni sociali, è molto più esigente, cerca risposte vere e profonde alle domande che ha dentro. Questa sete di verità e bellezza non può venire soddisfatta dalla mediocrità delle vite e delle testimonianze né da una liturgia che ha abbandonato il sacro diventando sempre più simile a una sorta di intrattenimento televisivo. Se una nuova evangelizzazione ci deve essere, dovrebbe dunque riguardare prima di tutti gli uomini e le donne della Chiesa, responsabili purtroppo - in molti, troppi casi - dell’allontanamento dalla fede di tante persone di valore.
Forse è il momento di capire che non è la quantità dei sacerdoti, ma è la qualità a fare la differenza. E la qualità non dipende dalla preparazione teologica, dai convegni, dai master accumulati, ma dalla purezza dell’anima che si arrende alla Grazia. Un’anima arresa è un’anima che converte, che disseta. Un’anima che traffica, organizza, o si assopisce sui suoi privilegi, è un’anima che allontana. Viene il sospetto che questo nuovo dicastero rischi di diventare soltanto l’ennesimo coperchio messo sulla pentola, per non guardare quello che bolle dentro. Nuove cariche, nuovi poteri, nuovi segretari, nuovi bilanci. C’è davvero bisogno, è questo che avvicinerà la gente? O c’è bisogno piuttosto di una grande cura di umiltà? Cancellare i moralismi, i pregiudizi, la pigrizia, la sete di potere e tutta quella zavorra che nulla ha a che vedere con la fede e appesantisce e rende tanto ostile il cattolicesimo agli uomini contemporanei. I nostri tempi hanno bisogno estremo di santità, come ha detto il Papa di recente all’ anno sacerdotale, perché davanti alla cosificazione dell’uomo, è l’ unica condizione che lo riporta alla straordinaria grandezza per cui è nato. Santità non è un’inerme arrendevolezza, ma è una forza di pienezza, un essere dell’uomo nella totalità compiuta dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, capace così di compiere ogni suo atto nella luce dell’ amore.
Link utili:
http://www.susannatamaro.it
(Teologo Borèl) Agosto 2010 - autore: Tamaro Susanna

domenica 29 agosto 2010

la verità è divenuta oggetto di un sapere dichiarativo, che pronuncia statuti di corrispondenza immediati tra parola e cosa, perdendo l'antica dimensione di tensione interrogante e mistero inspiegabile

La ricerca della verità, probabilmente per la consapevolezza di non poterla mai raggiungere né possedere, è da sempre uno degli obiettivi del pensiero degli esseri umani. Nell'epoca attuale, sembra che la sola via per l'accesso a una qualche verità sia garantita dal sapere scientifico, in quanto sapere «efficace» e attendibile; la verità è divenuta oggetto di un sapere dichiarativo, che pronuncia statuti di corrispondenza immediati tra parola e cosa, perdendo l'antica dimensione di tensione interrogante e mistero inspiegabile.
                Persino l'essere umano viene ridotto a un mero ricettore e trasmettitore di impulsi elettrici e chimici: il cervello come computer, il corpo umano come macchina, i cui componenti possono essere sostituiti da microchip e dispositivi bioingegneristici. Ma è pura ideologia neonaturalistica sostenere che gli esseri umani possano essere descritti scientificamente come automi pensanti. Un tale cieco meccanicismo lascia fuori elementi, come la felicità e il dolore, che non sono spiegabili secondo il discorso scientifico.
                Come conseguenza estrema della volontà di uccidere Dio, oggi, con le teorie post-umane, neuroscientiste e cognitiviste, siamo di fronte a un tentativo di «uccidere l'uomo», mettendo in crisi la dimensione della «soggettività» che ne ha accompagnato la vicenda storica. Ma nessun isomorfismo tra vivente umano e organismi post-umani potrà mai cancellare l'angoscia dell'interrogazione e dell'istituzione della coscienza, che ci è stata tramandata, nei secoli, da poeti e filosofi.
                Affinché gli esseri umani ritrovino il senso della propria identità spirituale e della propria vocazione storica, è necessario, come sosteneva Simone Weil, che ritorni in campo il discorso dell'amore e della verità che cerca la bellezza e il bene, al di là dei limiti dell'utile. Nella vita concreta, la verità è sempre assoluta, ma proprio per questo trascende sempre la situazione concreta; è una misteriosa sensazione di aderenza al mondo e di condivisione di affetti che si può solo provare, senza trasformarla in un concetto.
                L'esperienza della «vita che si sa», per usare le suggestive parole di María Zambrano, è immanenza che si autotrascende per necessità, inscritta nel codice degli esseri umani; ma si rischia di smarrirla se la corazza dei concetti appare più appetibile per il quieto vivere dell'individuo conformista. Solo il recupero dell'intima connessione tra esperienza e pensiero può restituire dinamismo creativo a un'epoca divenuta incapace di pensare e di sentire.
                Questo è possibile solo con il «sapere affettivo», un sapere che attiene alle trasformazioni soggettive e alle relazioni, attraverso cui l'individuo può aprirsi a una nuova visione, in cui la propria dimensione personale sia sottratta al calcolo delle utilità.
                Se si vuole evadere dalla prigione della solitudine e dall'angoscia della morte, bisogna consegnarsi all'incontro con l'altro completamente disarmati. Offrire l'altra guancia non è un principio etico, ma una conquista «filosofica», l'abbandono della pretesa dell'io onnipotente di poter influire sulla vita degli altri in forza della propria autorità e dei propri argomenti.
                Quello che mi piace definire «discorso inutile» è un discorso interattivo, in cui non è possibile distinguere chi dona da chi riceve, è un discorso che tende a trasformarsi in dialogo creativo su una nuova visione delle cose, in cui sperimentare la capacità co/creativa degli esseri umani e la loro attitudine ai processi di interiorizzazione affettiva, è un discorso con cui aprirsi alla costruzione di un nuovo spazio mentale, in cui si manifestano percezioni ed elaborazioni altrimenti impossibili e si avvertono emozioni che non si possono provare in solitudine. Perché questo sia possibile, bisogna fare un esercizio su se stessi molto forte, che mi piace definire «arte di disarmarsi»: cominciare ad aprire la propria armatura caratteriale per lasciare entrare i significati dell'altro e lasciare uscire i propri.
                La «verità» dell'incontro trascende ogni norma, è l'incontro stesso, ma affinché accada bisogna spogliarsi di ogni pregiudizio: l'«arte di disarmarsi» è la trasformazione delle proprie resistenze in domande aperte all'interrogazione su se stessi e il mondo. La persona di Cristo è un esempio vivente di quello che definisco il «disarmo»: la forza di chi si mette a disposizione degli altri e si lascia crocifiggere per testimoniare che la vita si salva se la si perde.
                L'essere umano non è mai la propria autorappresentazione, non è soltanto ciò che pensa di essere né soltanto la rappresentazione che dà agli altri; ciascuno è il contenitore del proprio racconto e del proprio desiderio che proietta verso il futuro. Ma l'attuale società del godimento immediato, dell'immediatezza senza svelamento che cancella ogni oltremondano, distrugge il desiderio, nella sua insaturabilità, in quel non poter essere soddisfatto che costituisce la spinta in avanti per la sua realizzazione.
                L'incontro è un evento, è l'improvviso sconfinamento di sé dentro l'altro che si ha di fronte, è l'immediata risposta positiva a una disponibilità, nella gratuità assoluta, è la comunicazione della psiche: riuscire a pensare i pensieri dell'altro, pensare l'altro come una parte di sé in cui ripercorrere quello che si ha dentro. Dall'esperienza dell'incontro rinasce la capacità di creare nuovi universi simbolici e nuovi orizzonti di senso.
                Senza incontro, non può esserci nemmeno la presenza, che si costruisce soltanto in «comunione» con l'altro: è una mobilitazione affettiva, in cui le differenze si confrontano senza annullarsi, in un atto d'amore che istituisce un nuovo spazio mentale. Se si riesce a mantenere aperto il desiderio e non vivere la sua mancata realizzazione come una frustrazione, ma come una carica energetica, si vive la sensazione di essere presente, di esserci di per sé, di essere con se stessi in un modo talmente soddisfacente da potersi aprire all'altro.
                Essere nudi di fronte al mondo, spogliarsi di tutto ciò che si utilizza per difendersi dalla possibilità che gli altri possano entrare: questa è la presenza, indispensabile presupposto dell'incontro. Non ci si può incontrare se non si è presenti, non si può essere presenti se ci si chiude nell'isolamento del monadismo. Per far circolare l'affettività, bisogna pensare alla mente dell'altro e alle sue rappresentazioni; costruire un percorso relazionale in cui, dando affettività, se ne riceve altra.
                Solo con questa esperienza di incontro si può sentirsi pieni e pienamente presenti, rendersi responsabili della domanda che si riceve dall'altro e accogliere la domanda. Siamo esseri fondamentalmente interroganti, perché vogliamo capire il senso dello stare al mondo, ma senza ascoltare l'altro l'interrogazione resterebbe sempre senza risposta.
(Quaderni Cannibali) Agosto 2010 - autore: Pietro Barcellona
http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=126503