sabato 19 giugno 2010

nasce quasi la metà di tutte le afflizioni e le ansie da noi provate

In realtà il valore che noi attribuiamo all’opinione degli altri e la nostra preoccupazione costante al riguardo oltrepassano di regola ogni ragionevole giustificazione, tanto da poter sembrare una specie di mania generalmente diffusa, o piuttosto innata. In tutto ciò che noi facciamo o non facciamo si prende in considerazione l’opinione altrui quasi prima di ogni altra cosa, e con un’attenta analisi vediamo che da tale preoccupazione nasce quasi la metà di tutte le afflizioni e le ansie da noi provate.

A. Schopenhauer


Troppe voci mi assediano, in queste settimane. Tutti chiedono, pretendono, esigono.
Sono stanca, stanca di apparire sempre perfetta, di essere dolce e sorridente e disponibile, di non poter avere un momento di cedimento, nervosismo, irritazione. E cerco il silenzio.
Fuori il vento sta finalmente dissipando l’afa di questo pomeriggio. E' il solo suono che non mi irriti, in questo momento; un sospiro pacato e potente, che sembra scacciare ansie e paure, che sembra fare piazza pulita di tutti i pensieri irrazionali.
Sarà la tua voce, più tardi, a vegliare sul mio sonno.

Sognato da: _magnolia

Sono giorni che parlo di dolore.
Un carteggio virtuale ed innocente, perchè io sono innocente.
Scrivo del dolore e mi rendo conto di credere che dovrebbe esserci, per legge, una soglia minima al di sotto della quale si diventa ridicoli a sostenere di provarne.
Conosco persone che si lagnano e frignano come lattanti per cose che io nemmeno faccio rientrare nella categoria dei dettagli.
Tuttavia il dolore è insindacabile. Arriva dal centro, colpisce al centro. Come il bene.
Il mio dolore è solo più plausibile e comprensibile di altri.
Un dolore banale, perchè ha radici profonde, nel fallimento di un progetto, nell'interruzione di un percorso, nell'impossibilità di rimediare -tutta roba dall'importante peso specifico-
Il dolore sta lì, a metà strada tra lo slancio di sgravarsi di se stesso e la stanchezza che lo fa rinunciare.
Sta lì, a metà strada tra il dignitoso e il vergognoso.
E genera una solitudine che è molto più pericolosa del dolore stesso.
Ennesima deriva di CrisalideInversa ©

Sono le cose cui ambisco

Loreena McKennitt è una gran bella persona...dal suo sito ufficiale...

« (…) proprio come si costruisce la dichiarazione della missione di un’azienda in base a valori e princìpi, ho fatto la stessa cosa per me stessa. Alcuni princìpi sono diventati i punti cardinali della mia bussola. Ne faccio riferimento ogni volta che prendo decisioni o faccio scelte importanti, sia professionalmente che personalmente. Sono le cose cui ambisco (…).


Sii compassionevole e non dimenticare mai come amare.
Pensa in modo inclusivo.
Riacquista i valori nobili come la verità, l’onestà, l’onore ed il coraggio.
Rispetta chi è più vecchio di te e guarda a ciò che ha da insegnarti.
Sii comprensivo.
Curati dei meno fortunati nella società.
Promuovi e proteggi la diversità.
Rispetta i doni del mondo naturale.
Fissa gli obiettivi in alto e sii orgoglioso di quello che fai.
Fai tesoro e prendi cura del tuo corpo e, come credevano gli antichi greci, la tua mente ti servirà meglio.
Restituisci alla tua comunità; altri prima di te hanno fatto lo stesso e tu stai raccogliendo quello che loro hanno seminato.
Participa alla democrazia e proteggila. Essa non può esistere come sport per spettatori.
Sii diligente in tutto ciò che fai.
Cerca equilibrio e spazio, e talvolta la solitudine.
Non aver paura di nutrire passione per qualcosa.
Impara ad essere un promotore ed un ambasciatore del bene.
Sii cosciente dei tuoi limiti.
Coltiva la curiosità, poichè essa ti sosterrà.
Prendi in mano le redini della tua vita e non cadere nella trappola dell’esigenza.
Non presumere nulla e non dare nulla per scontato.
Le cose non sono necessariamente ciò che sembrano.»
Questo post è stato pubblicato il dicembre 10, 2008 alle 1:32 pm ed è archiviato in anime belle.

la tua storia vissuta da altri...

postata in http://inchiostrando.splinder.com/ venerdì, 25 settembre 2009
Gli sbalzi d'umore condiscono le mie giornate, fanno bungee jumping attaccati ai fili della memoria.
Oscillo sopra una corda sospesa da mani non mie, in attesa dell'intervento di Curvi e del mio. Due problemi di salute diversi, che ci vedranno entrambi a dover essere assistiti ed assistere.
La vita persiste a condurmi dove non so. Continuo ad essere io nelle sue mani e non lei nelle mie.

è impossibile leggere tutti i grandi romanzi

"Un'onesta e fedele divulgazione è la base di ogni seria cultura, perchè nessuno può conoscere di prima mano tutto ciò che sarebbe, anzi è necessario conoscere. Tranne pochi settori che riusciamo ad approfondire, tutta la nostra cultura è di seconda mano: è impossibile leggere tutti i grandi romanzi della letteratura universale, tutti i grandi testi mitologici, tutto Hegel e tutto Marx, studiare le fonti della storia romana, russa o americana.

La nostra cultura dipende in buona parte dalla qualità di questa seconda mano: ci sono divulgazioni che, pur riducendo e semplificando, trasmettono l'essenziale e altre che lo falsificano o lo alterano, magari con presunzione ideologica; molti vecchi riassunti scolastici sono talora più vicini al testo di tante lambiccate interpretazioni psico-pedo-sociologiche. Una buona divulgazione invita ad approfondire l'originale"


(Claudio Magris, Alcesti indiana, articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 17/8/2003, contenuto in Alfabeti. Saggi di letteratura)

un brivido di piacere, subito scacciato ma mai assente

 Da Un terribile amore per la guerra, di James Hillman  l'inizio: "C'è una battuta in una scena del film Patton, generale d'acciaio, che da sola riassume ciò che questo libro si propone di capire. Il generale Patton ispeziona il campo dopo una battaglia. Terra sconvolta, carri armati distrutti dal fuoco, cadaveri. Il generale solleva tra le braccia un ufficiale morente, lo bacia e, volgendo lo sguardo su quella devastazione esclama: «Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti, lo amo più della mia vita»."
La frase mi ha suscitato prima un moto di repulsione: "Come si fa ad amare più della propria vita uno spettacolo così orrendo?". Poi mi sono accorto che quella frase (o meglio, qualcosa di molto equivalente) non l'ho mai detta ma l'ho provata molte volte. Ogni volta che, vedendo una scena di battaglia (nei film, fortunatamente non ne ho avuto esperienza diretta), l'epicità, l'identificazione col "giusto" del momento, il fascino oscuro della morte gloriosa (e chi più ne ha più ne metta), ha fatto salire in me un brivido di piacere, subito scacciato ma mai assente. E allora mi sono immerso nella lettura di Hillman, per vedere se riuscirò mai a sconfiggere quel brivido colpevole. http://ilibrintesta.splinder.com/home?from=393

It is only a novel... traduzione testuale: solo un'opera in cui si dispiegano le più alte doti dell'intelletto

"And what are you reading, Miss--?" "Oh! It is only a novel!" replies the young lady, while she lays down her book with affected indifference, or momentary shame. "It is only Cecilia, or Camilla, or Belinda"; or, in short, only some work in which the greatest powers of the mind are displayed, in which the most thorough knowledge of human nature, the happiest delineation of its varieties, the liveliest effusions of wit and humour, are conveyed to the world in the best-chosen language.


"E cosa leggete, signorina?". "Oh, niente, è solo un romanzo!", replica la giovinetta, mentre depone il libro con affettata indifferenza, o con una momentanea vergogna. "È solo Cecilia, o Camilla, o Belinda". Vale a dire, è solo un'opera in cui si dispiegano le più alte doti dell'intelletto, e nel linguaggio più squisito viene esposta al mondo la più profonda conoscenza della natura umana, la descrizione più felice della sua varietà, la profusione più vivave di spirito e humor.
Jane Austen, L'abbazia di Northanger, trad. di Linda Gaia, Theoria, Roma, 1997, pagg. 50-51

per esprimere la loro protesta fanno quadretti... bon ton apprezzare molto questo quadretto... ironia e destrezza, con calma orientale

Gente sul ponte

Hiroshige Utagawa, Acquazzone improvvisoStrano pianeta e strana la gente che lo abita.
Sottostanno al tempo, ma non vogliono accettarlo.
Hanno modi per esprimere la loro protesta.
Fanno quadretti, ad esempio questo:

A un primo sguardo nulla di particolare.
Si vede uno specchio d'acqua.
Si vede una delle due sponde.
Si vede una barchetta che s'affatica.
Si vede un ponte sull'acqua e gente sul ponte.
La gente affretta visibilmente il passo
perché da una nuvola scura la pioggia
ha appena cominicato a scrosciare.

Il fatto è che poi non accade nulla.
La nuvola non muta colore né forma.
La pioggia né aumenta né smette.
La barchetta naviga immobile.
La gente sul ponte corre proprio
là dov'era un attimo prima.


È difficile esimersi qui da un commento:
Il quadretto non è affatto innocente.
Qui il tempo è stato fermato.
Non si è più tenuto conto delle sue leggi.
Lo si è privato dell'influsso sul corso degli eventi.
Lo si è ignorato e offeso.
A causa d'un ribelle
un tal Hiroshige Utagawa
(un essere che del resto
da un pezzo, e come è giusto, è scomparso),
il tempo è inciampato e caduto.

Forse non è che una burla innocua,
uno scherzo della portata di solo qualche galassia,
tuttavia a ogni buon conto
aggiungiamo quanto segue:

Qui è bon ton
apprezzare molto questo quadretto,
ammirarlo e commuoversene da generazioni.

Per alcuni non basta neanche questo.
Sentono persino il fruscio dell pioggia,
sentono il freddo delle gocce sul collo e sul dorso,
guardano il ponte e la gente
come se là vedessero se stessi,
in quella stessa corsa che non finisce mai
per una strada senza fine, sempre da percorrere,
e credono nella loro arroganza
che sia davvero così.

da Wislawa Szymborska, Gente sul ponte (Libri Scheiwiller, Milano 1996, traduz. Pietro Marchesani). Il testo poetico fa riferimento alla famosa xilografia di Hiroshige Utagawa (1797-1858), Acquazzone improvviso su O-hashi (1857), il maestro giapponese che ispirò l'opera di Van Gogh. Quello che sempre colpisce nell'opera della Szymborska è il sapiente contrasto tra il linguaggio semplice, colloquiale (così il ritmo, il "passo") e il riferimento al Tutto: al trascorrere dei giorni, al Tempo, alla vita, in un contesto collettivo, dove il "noi" unisce e fonde il proprio mondo (il proprio "quadretto") a tutto il mondo. E lo fa con ironia e destrezza, con calma orientale.
http://ilibrintesta.splinder.com/home?from=30

GLI SCARICATORI

Mi capita spesso di leggere articoli, libri che fanno delle bellissime analisi come questo che riporto da avvenire. Le condivido perchè mi confermano narcisisticamente che sono nel giusto, che la mia sofferenza mi viene inferta perchè sono vittima, ma poi... rischio di lasciare "tutto" come prima con la mia frustrazione consolata, ulteriore brandello di bufera. (cfr post precedente).

18/06/2010 Avvenire - Specchio dell'anima di Giovanni D'Alessandro

C'è una particolare categoria non censita nell'umanità, sono gli scaricatori di problemi. Non hanno colpa nel loro scaricare, schiantare a ammazzare gli altri, indifferenti al peso di ciò che riversano, dalla loro sfera personale, in quella altrui. L'operazione, come sempre quelle micidiali, avviene infatti in modo inconscio. Chi è lo scaricatore? È innanzitutto un imprevidente, che non calcola le conseguenze delle sue azioni. Ma è anche un asociale, di cui ognuno di noi ha fatto esperienza nella vita, e che muove istinti correttivi a un passo dalla fisicità. Posto infatti l'assunto per cui lo scaricatore rovescia i suoi problemi sugli altri, ne conseguono svariati, nefandi corollari. Il primo è che lo scaricatore non scaricherà mai un problema gestibile, bensì sempre un problema da lui stesso condotto al limite della irrisolvibilità. Secondo corollario è che la sua incoscienza in tal gesto è direttamente proporzionale alla velocità con cui lo compie, senza dare alla vittima il tempo d'interloquire o ripararsi. Ultimo corollario - ci limitiamo: i corollari sarebbero molti di più - è che lo scaricatore si orienta sempre, quanto a vittime, verso i più capaci e generosi, quasi presentendo che non diranno di no al fardello che sta per scaricare su di loro, spinto dalla stessa misteriosa forza che attrae il negativo verso il positivo. E quest'ultimo corollario è in realtà un mistero. Forse evita i negativi, suoi consimili, come respinto da un identico magnete? Sta di fatto che ai migliori, la vita viene spesso rovinata dagli - inconsapevoli, ma non per questo meno micidiali - scaricatori.


soltanto un brandello di bufera

Tutto -
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.

da Wislawa Szymborska, Attimo


Vi sono parole che usiamo per risolvere i nostri problemi 
ma rimangono brandelli di bufera

coi libri è facile

Sarà anche vero che molta gente non legge. Ma di sicuro c'è dell'altra gente che se continua a fare bene le solite cose, utili per carità, il lavoro e tutto il resto, è anche perché sa che poi a un certo punto si può tuffare nei libri, sa che lì dentro, nei libri, ci trova stanze parecchio più grandi di quelle solite dove tocca stare, e finestre parecchio più panoramiche. Se uno si affaccia, dopo gli viene voglia di raccontare quello che ha visto. E coi libri è facile: basta leggerli ad alta voce.
visita il sito ufficiale: www.ilibrintesta.it

venerdì 18 giugno 2010

ancora riflette su quel che ha letto...soltanto così, per riflettere

Il lettore dal quale io mi aspetto qualcosa [...] dev'essere sereno e leggere senza furia.

[...]

...lettori sereni, [...] uomini che non si sono ancora lasciati trascinare dalla furia vertiginosa di questa nostra epoca strepitante e non provano ancora un piacere idolatra nel gettarsi sotto le sue ruote, [...] uomini dunque che non si sono ancora abituati a valutare ciascuna cosa a seconda del risparmio e della perdita di tempo. Come a dire --- [...] pochissimi. Ma questi "hanno ancora tempo", questi sono ancora in grado, senza arrossire di se stessi, di mettere insieme i momenti più ricchi e più forti della loro giornata [...] Un uomo del genere non ha ancora disimparato a pensare quando legge, conosce ancora il segreto di leggere tra le righe, e il suo modo d'essere è talmente prodigo, che ancora riflette su quel che ha letto --- magari molto tempo dopo aver riposto il libro. E davvero non per scrivere una recensione o un nuovo libro, ma soltanto così, per riflettere.
Allegro dissipatore!


Friedrich Nietzsche, Riflessioni sul futuro delle nostre scuole in Cinque prefazioni per cinque libri non scritti contenute in Verità e menzogna ed altri scritti giovanili, New Compton Editori, pagg. 96-97

giovedì 17 giugno 2010

Ogni inizio infatti è solo un seguito

Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
si scansava con un salto.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.

Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

Wislawa Szymborska

mercoledì 16 giugno 2010

Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente.

Perché a volte le cose che diresti le hai già dette. E le diresti allo stesso identico modo. Perché a volte le cose tornano, in forma diversa e al fondo così simile.

Mi sembra molto bello. Io l'ho goduto, godilo anche tu visitando il sito
 http://certepiccolemanie.splinder.com/post/11028603/certe-piccole-magie.


Stasera niente domande, piccola mia. Stasera non è sera.
Vedo il mondo agitarsi dietro le tue pupille, le tue domande messe in fila come proiettili in attesa di colpirmi.
Stasera ti direi che la vita è una grande scatola Ravensburg da Apprendista stregone, che crescendo varia solo il livello e la complessità dell’artificio. Che ogni cosa ha un perché, anche quando è nascosto. Che se cerchi il miracoloso e il magico, devi dapprima disporti ad accettare che lo siano. Volerlo, insomma, e poi impegnarti per crederci.
Ho poche regole certe: una di queste è che siamo fatti di acqua e sale e che dietro una lacrima di tristezza o di gioia la composizione è la stessa.
La chimica della sostanza, l’energia di scambio e dissoluzione, il modo di essere a se stessi o al mondo. Sono cose che imparerai, nel tempo.
Siamo acqua e sale, proprio come il mare. E il mare ha molecole coese, che portano inscritte un codice di appartenenza.
Si muovono insieme, a onde, e anche quando apparentemente restano ferme in superficie piatta. Fanno confine tra cielo e abisso. Non si disperdono mai, ma si distendono ampie a lambire coste e a circondare isole.
Un giorno ti parlerò della memoria dell’acqua e del pianto e delle informazioni che trasmette. Della termoluminescenza che ci permette di individuare il nostro spettro di esistenza. Dell’arcobaleno che talvolta puoi vedere in una lacrima.
Stasera ti direi ciò che imparo ogni giorno e di nuovo ho riascoltato ieri, del patto implicito che lega mago e spettatore; che è solo il ruolo certo - in uno spazio definito - a permettere di offrire la fiducia in cambio della promessa di stupore.
Ti spiegherei che forse il segreto del funzionamento del mondo è quello che trovi nel libretto di istruzioni, alla voce “sei regole dell’arte magica”. Dovrai impararlo senza di me, ci sono cose sulle quali sono debole e nemmeno capace di insegnare:
Non rivelare mai il meccanismo di un trucco
Non presentare mai un gioco se non ne sei assolutamente padrone
Individua la giusta distanza e posizione
Non eseguire mai lo stesso trucco una seconda volta
Mantieni la calma e muoviti con tranquillità ed eleganza
Tieni sempre nascosti agli altri gli strumenti del mestiere.

Io no, non sono un mago, posso solo permettermi di scrivere, di combinare lettere e frasi e stupirmi al ritrovare la mia anima impressa su un foglio, che mi riflette come specchio e serve a ricordarmi ciò che sono.
Niente domande, piccola mia, stasera non ho risposte da fornire. Non conosco giochi a successo garantito. Al massimo posso far saltare un coniglietto.
Potrei solo parlarti dell’amore necessario, ma non è il tempo.
Dovrai prima conoscere l’amore sognato, quello tradito, quello trasgredito. Passare attraverso gli anni dell’amore improvvisato, di quello sperato, di quello mai vissuto. Incontrare l’amore masticato, rubato, dilaniato. Affamato. Fare un apprendistato, insomma. Come tutti.
Vorrei insegnarti la forma delle cose, bambina mia, di tutto ciò che vedi e tocchi.
Per poi ricordarti che in fondo siamo acqua e sale, senza trucco né inganno.

noi uomini siam in generale fatti così

E’ cosa notabile che, in tanto eccesso di stenti in una tanta varietà di querele, non si vedesse mai un tentativo, non iscappasse mai un grido di sommossa: almeno non se ne trova il minimo cenno. Eppure, tra coloro che vivevano e morivano in quella maniera, c’era un buon numero d’uomini educati a tutt’altro che a tollerare [ ... ] Ma noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.

A. MANZONI, I promessi sposi, cap. XXVIII

martedì 15 giugno 2010

un vago senso di sofferenza ed ansietà


Camillo Sbarbaro sa esprimere cosa ho dentro adesso, proprio adesso.

Talor, mentre cammino per le strade
della città tumultuosa solo,
mi dimentico il mio destino d’essere
uomo tra gli altri, e, come smemorato,
anzi tratto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi.

M’occupa allora un puerile, un vago
senso di sofferenza ed ansietà
come per mano che mi opprima il cuore.
Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
occhi di bimbi
, facce consuete

di nati a faticare e a riprodursi,
facce volpine stupide beate,
facce ambigue di preti, pitturate
facce di meretrici, entro il cervello
mi s’imprimono dolorosamente.
E conosco l’inganno pel qual vivono,
il dolore che mise quella piega
sul loro labbro, le speranze sempre deluse,
l’inutilità della loro vita
amara e il lor destino ultimo, il buio.
Ché ciascuno di loro porta seco
la condanna d’esistere: ma vanno
dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
occupato dall’attimo che passa,
distratto dal suo vizio prediletto.
Provo un disagio simile a chi veda
inseguire farfalle lungo l’orlo
d’un precipizio, od una compagnia
di strani condannati sorridenti.
E se poco ciò dura, io veramente
in quell’attimo dentro m’impauro
a vedere che gli uomini son tanti.

lunedì 14 giugno 2010

Versi, a fine giornata

Anche quando sembra che la giornata
sia passata come un'ala di rondine,
come una manciata di polvere
gettata e che non è possibile
raccogliere e la descrizione
il racconto non trovano necessità
né ascolto, c'è sempre una parola
una paroletta da dire
magari per dire
che non c'è niente da dire.

Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992)
Einaudi

il gustoso grazie del passato è seme di speranza nel domani

Ancora un'altra estate
Pensa se non avessi fatto in tempo
anche quest’estate
a vedere di nuovo la luce sfolgorante
ad avvertire il tocco del sole
sul mio corpo
a respirare gli odori freschi o guasti
a gustare sapori pepati e dolceamari
a sentire le cicale fino al profondo
della notte
a comprendere i miei cari che amo
a non spazientirmi con chi mi sostiene
a pensare anche a chi ho
voluto dimenticare
a trovare amici che vengono da lontano
a lasciare entrare anche altre
vite nella mia
a nuotare nel mare caldo
a osservare corpi freschi nudi
a rievocare amori, a sognarne di nuovi
a percepire il cambiamento delle cose.
Così, visto che sono arrivato a
quest’estate
dico: spero di arrivare al prossimo Natale
a qualche prossimo Capodanno –
poi più avanti vedremo.

Titos Patrikios

Dopo una solenne ubriacatura tecnologica nella seconda metà degli anni novanta... sono in parte tornata alla carta e ora utilizzo moleskine e pc a seconda di quello che ho da fare.

Scriviamo tantissimo, ma con strumenti completamente diversi rispetto al passato.
Lo spunto è un articolo sul valore della calligrafia che Umberto Eco ha pubblicato il 21 settembre sul Guardian. Sul quotidiano londinese è sparito, ma lo potete recuperare qui. Difficile non condividere il rimpianto di Eco per la bella scrittura a mano (ci insegna a tenere sotto controllo le mani e rafforza il coordinamento mani-occhi, certo!).
Meno ovvia e da sottoscrivere dalla prima all'ultima parola mi sembra la conclusione di Mantellini: "Se il suggerimento di Umberto Eco (mandate i figli ad imparare la bella calligrafia) è un consiglio affascinante ed anche un po' provocatorio, un punto di vista meno paradossale potrebbe essere quello di invitare i nostri figli ad avvicinarsi ad una tastiera. Educarli alla comunicazione personale, alla esposizione di sé legata alla parola scritta, ai piaceri del confronto con i punti di vista altrui mediato dalla asincronia della comunicazione di rete dove, nella maggioranza dei casi, ciascuno di noi può permettersi il lusso di prendersi il proprio tempo per leggere, capire e rispondere, è oggi il tributo educativo migliore che possiamo far loro. Non potremo sbagliarci di troppo, almeno fino a quando l'alternativa sarà quella di lasciarli per ore a vegetare di fronte ad un televisore acceso".
Il tema come sapete mi interessa moltissimo e si ricollega anche alle riflessioni che mi ha suscitato la lettura di Proust e il calamaro di cui vi raccontavo un paio di post fa.
Durante la mattina, mentre scrivevo, pensavo alla mia esperienza.
Dopo una solenne ubriacatura tecnologica nella seconda metà degli anni novanta (mi sentivo persa senza il mio piccolo Palm in tasca e ci annotavo qualsiasi cosa che poi riversavo sul pc) sono in parte tornata alla carta e ora utilizzo moleskine e pc a seconda di quello che ho da fare.
La verità è che "scrivere" vuol dire tante cose diverse: pensare, documentarsi, farsi venire altre idee, metterle in ordine, scrivere il testo, rileggere, correggere, rifinire.
Per alcune di queste fasi ti servono la lentezza e la fatica imposte dalla penna, per altre la velocità della tastiera. Nel tempo ho imparato ad alternarle e ora me la cavo abbastanza bene.
Per farla un po' semplice:
  • pensare > penna e blocchetto, perché le idee ti vengono nei posti più assurdi e sempre quando non hai il pc (mi è capitato anche di appendermi il lettore mp3 al collo in macchina e di registrare le mie elucubrazioni ad alta voce)
  • documentarsi > schermo e tastiera, per navigare, copiare e incollare
  • farsi venire altre idee > foglio A3, spazio, tanti colori e post-it
  • metterle in ordine > schermo e tastiera, perché devi vedere la consequenzialità e l'argomentazione prendere forma rapidamente sotto i tuoi occhi e valutare al volo tutte le alternative
  • scrivere il testo > schermo e tastiera per inseguire il ritmo dei pensieri (optional: accendere la musica e spegnere il telefono)
  • rileggere > carta e tanta calma
  • correggere > schermo e tastiera, per vedere subito il testo pulito
  • rifinire > ultima lettura su carta (ma quest'ultima fase la riservo ai testi particolarmente importanti).
Bene, fine pausa, torno al lavoro.

http://mestierediscrivere.splinder.com/archive/2009-09

la poesia ci mostra come sia fruttuoso stare alla larga dal preconfezionato, dal grigio del prefabbricato

Di questi tempi, con l'italiano che va a ramengo, occuparsi di poesia non fa che bene. Il poeta in genere la sa lunga sulla lingua, la sa lavorare a utilizzare a dovere. Prende delle parole e le ricongiunge per creare similitudini nuove, per inventare nuove combinazioni. Inventa metafore, con grande libertà. Cosa che non succede nella lingua comune, dove prevalgono di solito metafore scontate, «metafore morte». Lo scrittore invece risveglia le assopite, o ne propone di nuove.
La poesia ti abitua alla concisione, riesce attraverso cortocircuiti di analogie a dire di più rispetto al parlare solito. È il miglior modo a nostra conoscenza per dire cose con il minor numero di parole possibile: un concentrato di parole e di immagini. In una società dominata dallo sperpero, o dalla fretta che abitua all'approssimazione, al grosso modo, la poesia è l'antidoto. Ci viene incontro come arte della precisione puntigliosa. Abitua all'uso della parola giusta, messa al suo posto giusto. Fa pensare, meditare, indugiare.

Di una poesia si possono anche montare e smontare i pezzi, vedere come funzionano. Così i ragazzi scoprono man mano che il poeta sa più di altri giocare con le più sottili figure della retorica, con le metafore e le immagini più ardite. Di solito in poesia ci si imbatte in parole non banali, o che non ci aspettiamo, in sintagmi inattesi, a volte scioccanti, «strani», lontani dall'uso comune.
Nel mezzo di una comunicazione oggi più che mai nutrita di frasi fatte, la poesia ci mostra come sia fruttuoso stare alla larga dal preconfezionato, dal grigio del prefabbricato. Ci insegna a disfare le frasi fatte. 

Gianluigi Beccaria sulla Stampa di sabato 29 maggio

domenica 13 giugno 2010

Guarda la stella, invoca Maria


tu che nell’instabilità continua della vita presente
t’accorgi di essere sballottato tra le tempeste
senza punto sicuro dove appoggiarti,
tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella
se non vuoi essere travolto dalla bufera.
Se insorgono i venti delle tentazioni
e se vai a sbattere contro gli scogli delle tribolazioni,
guarda la stella, invoca Maria!
Se i flutti dell’orgoglio, dell’ambizione,
della calunnia e dell’invidia
ti spingono di qua e di là, guarda la stella, invoca Maria!
Se l’ira, l’avarizia, l’edonismo
squassano la navicella della tua anima,
volgi il pensiero a Maria!
Se turbato per l’enormità dei tuoi peccati,
confuso per le brutture della tua coscienza,
spaventato al terribile pensiero del giudizio,
stai per precipitare nel baratro della tristezza,
e nell’abisso della disperazione, pensa a Maria!
Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità,
pensa a Maria, invoca Maria!
Maria sia sempre sulla tua bocca e nel tuo cuore.
E per ottenere la sua intercessione, segui i suoi esempi.
Se la segui non ti smarrerai,
se la preghi non perderai la speranza,
se pensi a lei non sbaglierai.
Sostenuto da lei non cadrai,
difeso da lei non temerai,
con la sua guida non ti stancherai,
con la sua benevolenza giungerai a destinazione.


S. Bernardo

voglio che il mio cuore te lo ripeta tante volte

“Ti amo, o mio Dio
e il mio solo desiderio
è di amarti fino all’ultimo respiro
della mia vita.
Ti amo, o Dio infinitamente amabile,
e preferisco morire amandoti
piuttosto che vivere un solo istante
senza amarti.
Ti amo, Signore,
e l’unica grazia che ti chiedo
è di amarti eternamente.
Mio Dio,
se la mia lingua non può dirti
ad ogni istante che ti amo,
voglio che il mio cuore
te lo ripeta tante volte
quante volte respiro.
Ti amo, o mio Divino Salvatore,
perché sei stato crocifisso per me,
e mi tieni quaggiù
crocifisso con Te.
Mio Dio,
fammi la grazia di morire amandoti
e sapendo che ti amo”.
Amen

Santo Curato d’Ars

I visi di coloro che meglio conosciamo li abbiamo visti in modi così vari...

Non ho belle foto di lei. 
Non riesco nemmeno a vedere distintamente il suo viso nell'immaginazione. E invece la faccia di un qualsiasi sconosciuto colta al volo stamane tra la folla mi apparirà forse con perfetta chiarezza questa notte, non appena chiuderò gli occhi. Certo, la spiegazione è semplice. I visi di coloro che meglio conosciamo li abbiamo visti in modi così vari, da tante angolature, in tante luci, con tante espressioni - al risveglio, nel sonno, nel riso, nel pianto, mentre mangiano, parlano, pensano - che queste impressioni si affollano tutte insieme nella nostra memoria e si annullano a vicenda lasciando un'immagine sfocata. Ma la sua voce è ancora viva. Il ricordo della sua voce, che in qualsiasi momento può fare di me un bimbo singhiozzante.
C.S. Lewis  DIARIO DI UN DOLORE 

Se potessimo renderci conto del prezzo delle ore che viviamo! La nostra libertà di scelta è preziosa e tutto è possibile a colui che crede, tutto. La minima nostra preghiera ha un valore inestimabile” (J. Fesch).

L'amore comincia a casa
 Madre Teresa di Calcutta diceva che: “L’amore comincia a casa, e per questo è importante pregare insieme. Se pregate insieme, starete insieme e vi amerete come Dio ama ciascuno di voi”.
Nel momento in cui, infatti, la preghiera non è più il fondamento della vita familiare può accadere di tutto! Oggi, la vita condotta da alcune famiglie, purtroppo, diventa sempre più complicata; essa – sostenuta da ritmi incalzanti – costringe il nucleo familiare a raggiungere frettolosamente alcuni obiettivi considerati importanti (carriera, denaro, successo ecc.) e a trascurarne “altri”. I figli, poi, soffocati da mille inquietudini sono schiavi di una libertà sempre più al servizio del mondo, e nel momento in cui essi avrebbero più bisogno di essere guidati, la famiglia è ormai completamente orientata verso altri beni! “Se potessimo renderci conto del prezzo delle ore che viviamo! La nostra libertà di scelta è preziosa e tutto è possibile a colui che crede, tutto. La minima nostra preghiera ha un valore inestimabile” (J. Fesch).
Giovanni Paolo II qualche anno fa invitava tutti i credenti a pregare nelle famiglie e per le famiglie: “Molti problemi delle famiglie contemporanee, specie nelle società economicamente evolute, dipendono dal fatto che diventa sempre più difficile comunicare. Non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore. Riprendere a recitare il Rosario in famiglia significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l'immagine del Redentore, l'immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po' il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino” (Rosarium Virginis Mariae, 41).

“L’uomo senza Dio intristisce. Ma egli è «senza Dio» quando non è più capace di rivolgergli la parola. Per questa ragione, il «pregare» non è uno «sport» riservato alle anime deboli, che, per questo motivo, non dovrebbe convenire a quelli che di un simile «rifugio» non sembrano avvertire il bisogno. Nell’atto del pregare è in gioco qualcosa che concerne essenzialmente il futuro dell’uomo e la sua stessa umanità. Se l’uomo infatti non si protende più oltre se stesso, tendendo a Dio, egli diviene un «altro» da sé, più gretto e meschino. Allora gli si atrofizzano organi, di cui non può fare a meno. Diviene spiritualmente più rozzo e perde di sensibilità e acume; e alla fine non riesce più ad amare gli altri, anzi, nemmeno se stesso”.
J. Ratzinger
“La famiglia – afferma il Pontefice – è l'ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e ricevere amore. Per questo motivo la Chiesa manifesta costantemente la sua sollecitudine pastorale in questo ambito fondamentale della persona umana”.
Uno dei compiti principali della famiglia, vocazionalmente impegnata a trasmettere la fede e l’amore del Signore, è quello di aiutare i figli a crescere come persone libere e responsabili. La famiglia è un luogo di crescita spirituale privilegiato per tutti i componenti del nucleo familiare; in seno ad essa Cristo deve diventare il centro di ogni attività. “Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della quale per qualche tempo sono garanti. Se questi vedono che i loro genitori – e in generale gli adulti che li circondano – vivono la vita con gioia ed entusiasmo, anche nonostante le difficoltà, crescerà più facilmente in essi quella gioia profonda di vivere che li aiuterà a superare con buon esito i possibili ostacoli e le contrarietà che comporta la vita umana. Inoltre, quando la famiglia non si chiude in sé stessa, i figli continuano ad imparare che ogni persona è degna di essere amata, e che c'è una fraternità fondamentale universale fra tutti gli esseri umani” (Benedetto XVI).

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rosario

Perle di grano
Passano tra le mie dita
Sotto i miei occhi,
la mia coscienza
la vita
respira piano

Dolci misteri
Ricorrono tra le mie labbra
La Tua parola
Paesaggio di perle di grano
Come di pane,
come la sabbia

Di pane è ogni Pensiero che passa per bocca dell'anima.
Di pane è ogni parola, saggezza e mistero
Di sale è ogni silenzio incosciente che veglia tra i denti di un'anima prigioniera
che sola soffre gli stenti.

Perle di grano
scorrono nella mia vita
Un viaggio è anche fatto di sbalzi
tra gioia e tempesta
non sempre una gita
o una festa.

Ed ora ritorno a guardare
Da questo mio lato del vetro
La mente mi spinge a cercare
Un dono che è frutto del tempo
E piano i miei occhi si aggrappano
A questo paesaggio che ho dentro

Grano su grano,
sale su sale
Dono su dono
Medito e viaggio

Pane su pane,
perla su perla
trovo coraggio.

Grano su grano
pane su pane
medito e viaggio.
«…Il miglior momento è questo qui; il miglior contorno, quello che è là; il miglior pensiero, quello che ti visita. Non cercare dunque il migliore, ma comunica a ciò che hai nelle mani, a ciò che fai in questo momento, applicandovi il tuo spirito, questa dignità d’essere migliore. Non rimandare a domani ciò che puoi fare in questo momento, ma, nel medesimo tempo, non stancarti di rimandare a domani questo infinito che non può rientrare nella limitata capacità del presente. Con ciò ribadisco l’idea: “Occupa l’attimo che passa con una piccolissima cosa e rigetta nell’infinito il tuo desiderio”»
(J. Guitton)
“Che il Cristianesimo ti è stato annunciato significa che tu devi prendere posizione di fronte a Cristo” (S. Kierkegaard).
«Così come sono, Signore,
e come posso divenire attraverso di te,
così voglio seguirti.
Ma ciò che posso divenire
attraverso di te
sta nelle tue mani
a tal punto che per me
più nulla ha importanza
di ciò che sono stato finora.
Di tutto ciò che sono e posseggo
Tu, o Signore, puoi disporre completamente.
Adrienne von Speyr

avvicinarsi al significato restituisce l'esperienza in una forma diversa

I momenti di felicità,
- non il senso di benessere,
la fruizione, l'appagamento,
la sicurezza o l'affetto,
o anche un pranzo eccellente,
ma l'illuminazione improvvisa -
Ne abbiamo avuto l'esperienza, ma ci è sfuggito il significato, e avvicinarsi al significato restituisce l'esperienza in una forma diversa,
al di là di ogni significato che possiamo assegnare alla felicità...


Il mondo rotea e il mondo cambia,
in tutti i miei anni una cosa non cambia.
Comunque la mascheriate, questa cosa non cambia:
la lotta perpetua tra Bene e Male.
Voi siete gli uomini che in questi tempi deridono
tutto ciò che è stato fatto di buono...
Trovate spiegazioni
per soddisfare la mente razionale e illuminata
e poi trascurate e disprezzate il deserto.
Il deserto non è così remoto nel tropico australe,
il deserto non è solo voltato l'angolo,
il deserto è presente nel treno della metropolitana.
presso di noi, il deserto è nel cuore di vostro fratello.
Il buono è colui che costruisce, se costruisce ciò che è buono...
cori da "La Rocca"Thomas Stearns Eliot 
 Tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza.
Tutta la nostra ignoranza ci porta più vicino alla morte...
Dov'è la vita che abbiamo perduto vivendo?
Dov'è la saggezza che abbiamo perduto nel sapere?
¹
Dov'è il sapere che abbiamo perduto informandoci?..


ma le virtù si aspettano

I politici antichi parlavano sempre di costumi e di virtù; i moderni non parlano d'altro che di commercio e di moneta. Ed è gran ragione, soggiunge qualche studente di economia politica, o allievo delle gazzette in filosofia: perché le virtù e i buoni costumi non possono stare in piedi senza il fondamento dell'industria; la quale provvedendo alle necessità giornaliere, e rendendo agiato e sicuro il vivere a tutti gli ordini di persone, renderà stabili le virtù, e proprie dell'universale. Molto bene. Intanto, in compagnia dell'industria, la bassezza dell'animo, la freddezza. l'egoismo, l'avarizia, la falsità e la perfidia mercantile, tutte le qualità e le passioni più depravatrici e più indegne dell'uomo incivilito, sono in vigore, e moltiplicano senza fine; ma le virtù si aspettano.Giacomo Leopardi
dai Pensieri, XLIV

insoliti giochi di destrezza con le carte segnate

"Dickens è uno scrittore delizioso ed irritante. Quanto è difficile da maneggiare questo cordiale, unghiuto, un po' pingue, o forse pletorico, animale letterario, la cui gola poderosa sa articolare ogni sorta di voci: rugghi, rantoli, stronfi, e anche delicatissime fusa, tiepidi sgnaulii. Domestico o feroce? Quell'equivoco pelame, tra giaguaro e gatto domestico, ci fa cauti e perplessi. Scrittore straordinariamente ambiguo e anche contraddittorio, è capace di invenzioni straordinarie, di intuizioni fulminee e inquietanti, di fantasie furibonde ed ilari; e insieme inclina a una corrività da mediocre libertino dei sentimenti: non sa resistere agli ancheggiamenti di una creatura infelice. Dopo essersi diligentemente crogiolato in onesto sangue generosamente profuso in circostanze belle e orrende, eccolo sull'usta degli indifesi, situazioni nobili, anime edificanti. Non sbaglia mai per eccesso di ambizione, ma per una sorta di masochismo affettuoso; vi sono momenti in cui si ha l'orribile dubbio che Dickens sia uno scrittore "buono". In realtà, Dickens è uno scrittore "nero" che soffre di allucinazioni sentimentali.

E che dire delle sue trame? Leggibili, leggibilissime; da inseguire col fiato in gola: non meno poderose che temerarie. Colpi di scena, agnizioni, scene madri, suspense; Dickens non rinuncia a nulla di insensato, di assurdo, di improbabile, di provocatorio. Sono insoliti giochi di destrezza con le carte segnate ..."


(Giorgio Manganelli, Grandi Speranze in La letteratura come menzogna, Adelphi, Saggi Nuova Serie, n.46)