lunedì 22 novembre 2010

L’uomo aspira a una gioia senza fine...Ma dove Dio non c’è, questo non gli è concesso

 Joseph Ratzinger
Ci sono dei segni che ci spaventano e che inquietano. 

Però ci sono anche altri segni che ci danno speranza.
 Abbiamo parlato in abbondanza delle minacce e degli scenari di terrore. Aggiungerei solo un elemento, che traggo dalle visite dei vescovi e che mi brucia dentro. Tanti vescovi, soprattutto dell’America Latina, mi dicono che là dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga – e questo avviene in gran parte di quei Paesi – è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano sul quel Paese per rovinare le persone. Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un’idea adeguata. Distrugge giovani e le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni. Anche questa è una terribile responsabilità dell’Occidente: ha bisogno di droghe e crea Paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c’è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l’uomo.
A questo problema se ne aggiunge un altro. Voi non riuscite nemmeno ad immaginare, così mi dicono i vescovi, quale distruzione provochi nei nostri giovani il turismo sessuale. Sono in atto processi di distruzione di enorme portata, generati da noia, falsa libertà ed eccitazione del mondo occidentale. L’uomo aspira a una gioia senza fine, vuole godere oltre ogni limite, anela all’infinito. Ma dove Dio non c’è, questo non gli è concesso. E così deve essere lui stesso a creare menzogna e falso infinito. Questo è uno dei segni dei tempi che deve rappresentare per noi cristiani una sfida urgente. Dobbiamo vivere in modo da mostrare che l’infinito di cui l’uomo ha bisogno può venire solo da Dio; che Dio è la nostra prima necessità per poter far fronte alle tribolazioni di questo tempo; che in un certo senso dobbiamo mobilitare tutte le forze dell’anima e del bene perché si imponga un’immagine vera contro quella falsa, e possa così spezzarsi l’ininterrotto circuito del male [...].
Dobbiamo cercare di dire veramente l’essenziale come tale, ma di dirlo con parole nuove. Per Jürgen Habermas è importante che esistano teologi capaci di tradurre il tesoro della loro fede in modo tale che esso, nel mondo secolarizzato, riesca a diventare parola per questo mondo. Lui magari lo intenderà in maniera un po’ diversa da noi, ma ha ragione quando dice che l’intero processo di traduzione delle grandi parole nei termini e modi di pensare del nostro tempo è avviato, ma non è ancora del tutto riuscito. Potrà riuscire soltanto se gli uomini vivranno il Cristianesimo a partire da Colui che viene [...]. Questo è il grande compito di fronte al quale ci troviamo.

Estratto dal libro-intervista «Luce del mondo» del giornalista tedesco Peter Seewald

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