giovedì 25 novembre 2010

continuiamo a incantarci alla nascita di un bimbo?


«Il miracolo è fatto di questo – continua Spadaro – vedere uno spazio ampio in ciò che sembra ristretto da un orizzonte spaziale e temporale. La fede è la luce che illumina da dentro le cose e le fa essere uniche». E cosa c’è di più piccolo – sia nel tempo che nello spazio – di un neonato? Sarà per questo che continuiamo a incantarci alla nascita di un bimbo? «Alla nascita d’un bambino / il mondo non è mai pronto», annota la Nobel polacca Wislawa Szymborska. Dev’essere per questo che, anche quest’anno, si torna a festeggiare il Natale. Non siamo ancora pronti. Eppure attendiamo. Un Bambino viene. E s’infila nelle case anche non atteso, anche senza bussare. Mancanza di buona educazione? I neonati non ne hanno ancora, per fortuna…
Pare ci sia in giro Dio, stamane
entra senza chiedere permesso
né bussare in ciò che resta

del mio monolocale, e chi
se lo aspettava, mi dico,
proprio adesso…
È una luce troppo chiara e amara

irreale limpida e sfuggita
tra nubi come macchie
sul cielo che è uno straccio
allo stremo teso sulle case

È a suo agio, comincia a camminare
a luminosi passi silenziosi
sopra il pavimento a scivolare
tra scarpe, libri, fogli, fotocopie, un mucchio

sparso di CD per terra e poi si siede
sulla sedia e mi vergogno
degli abiti che fanno una catasta colorata
cresciuta a dismisura in questi giorni

Troppo in fretta, caro Dio, è arrivato
il fine settimana, perché non hai avvertito
non mi hai dato tempo per tornare

alla civiltà (se esiste), e liberare
il lavabo dei piatti da lavare
rintracciarti una tazzina e strofinare

per offrirti un bel caffè tra i fiori
freschi e non questi cadaveri
di plastica col capo reclinato

sopra libri ancora, e sigarette,monetine, gadget, dizionari,
cartelline, lettere d’offese
di stima, e di bugie, poesie

un rimborso FS di due euro da riavere
il certificato elettorale
la lista delle cose da non fare
(fumare, cercarlo, mangiar male)

che appena lasciano filtrare
il marmo (di plastica) del tavolo

Grazie, Dio, per essere venuto
dove ormai non entra (per fortuna)
più nessuno, tendimi una mano,
che mi alzi e in tutta fretta vinca

questa mia stanchezza invalidante
la mestizia soffocante che mi toglie
il fiato per tornare ad essere all’incirca
quella che sembravo prima d’incontrarlo

Mi dici di salvare le mie piante (si sporgono
ti cercano), che io lascio seccare
guardandole morire per potere
uccidere qualcuno anch’io, a mia volta.

Dio, accomodati pure, non ti formalizzare
non mi rimproverare se mi lascio
un poco andare e mi circondo

del disordine in cui hanno messo
il mondo, lo so che hai altro da fare
ma liberaci, se ti capita, dal male

fatto da quelli che usano il tuo nome
e non sanno cos’è la compassione
delle umiliazioni che c’inducono a ingoiare

i pavidi, i pazzi, i polli, i potentelli
gli pseudocredenti e tutti quelli
che non trovano altro modo
per potersi realizzare

Ma piano, mio Dio, così mi accechi
ma non ero preparata a tutta questa vita
a una primavera arrivata nonostante

e al tremito di luce sulle mani stanche.
(Chiara De Luca, da La coda della galassia.

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