martedì 10 agosto 2010

un rapportarsi con lui e un silenzioso ascoltare

Il pregare non consiste, propriamente, nel fatto di dedicare
qualche tempo, durante il giorno, alla meditazione o nel leggere
qualche brano della Sacra Scrittura o di testi di santi, e nel cercare
di pensare a Dio o a se stessi per una nostra riforma interiore.
Questo non è il pregare nella sua essenza.
Così pure la recita del rosario o delle preghiere del mattino
e della sera. Una persona può fare queste cose durante tutto il
giorno e non aver mai pregato un minuto.
Il pregare, per essere veramente tale, esige innanzitutto un
rapporto con Gesù: andare con lo spirito al di là della nostra condizione
umana, delle nostre occupazioni, delle nostre preghiere,
pur belle e necessarie, e stabilire questo rapporto intimo, personale
con lui.
È indispensabile che facciamo la straordinaria scoperta che
Gesù ci ama e ci chiama. Che cos’è in fondo la “vocazione”? È
stata chiaramente descritta nella forma più bella nell’incontro di
Gesù col giovane ricco. Dice il Vangelo di Marco: “Gesù, guardandolo,
lo amò e gli disse: lascia tutto quel che hai… poi vieni e
seguimi” (cf. 10, 21). Gesù ha questo sguardo per ciascuno di noi
e ci ama, e noi sentiamo questo suo amore e possiamo scegliere di
seguirlo. La vita di preghiera, nella sua essenza, consiste nel mantenere
questo rapporto filiale e fraterno con Gesù tutto il giorno,
tutti i giorni. La preghiera è un rapportarsi con lui e un silenzioso
ascoltare quello che ci dice...
La preghiera che ci trasforma
Se preghiamo con questa fede, gli altri ci troveranno sereni,
perché abbiamo una pace che va al di là delle sofferenze, che pur
patiamo come tutte le persone di questo mondo. E sentono la
gioia di stare con noi, quella gioia che Gesù dice che il mondo
non sa dare, perché portiamo nel nostro cuore un pezzettino di
quel Cielo nel quale abbiamo vissuto durante il tempo della preghiera.
Tutto il mondo è assetato di Dio, e se noi non riusciamo a
dissetarlo è perché gli diamo soltanto delle parole nostre, che
“parlano” di Dio. Invece il mondo ha bisogno di Dio, anche senza
le nostre parole e anche senza che si parli di lui. Riusciamo a
ciò se nell’ascolto della chiamata di Gesù rimaniamo in un continuo
colloquio con lui.
A volta oggi c’è una svalutazione della preghiera vocale,
perché si ritiene che quella intellettuale sia più importante. Invece
quel che importa è il rapporto con Dio, che posso trovare e
nella preghiera mentale e in quella vocale, nelle giaculatorie, nel
rosario, in tutte le forme di pietà più popolari e semplici, troppo
semplici per la nostra superbia, ma tutte occasioni, in realtà, per
avere un rapporto con Dio. Un rapporto che, naturalmente, non
nasce nella preghiera se non nasce nella vita. Cioè non si può
“pregare” se non si ha una vita impostata completamente su Dio.
Se abbiamo questo rapporto autentico con Gesù, la preghiera
diventa la cosa più bella e più viva della giornata. Diventa per
noi una fonte di acqua viva, come Gesù dice: “Chi crede in me,
nasceranno da lui torrenti d’acqua viva” (cf. Gv 7, 38)
Pasquale Foresi
Fonte:    Nuova Umanità

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