martedì 15 giugno 2010

un vago senso di sofferenza ed ansietà


Camillo Sbarbaro sa esprimere cosa ho dentro adesso, proprio adesso.

Talor, mentre cammino per le strade
della città tumultuosa solo,
mi dimentico il mio destino d’essere
uomo tra gli altri, e, come smemorato,
anzi tratto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi.

M’occupa allora un puerile, un vago
senso di sofferenza ed ansietà
come per mano che mi opprima il cuore.
Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
occhi di bimbi
, facce consuete

di nati a faticare e a riprodursi,
facce volpine stupide beate,
facce ambigue di preti, pitturate
facce di meretrici, entro il cervello
mi s’imprimono dolorosamente.
E conosco l’inganno pel qual vivono,
il dolore che mise quella piega
sul loro labbro, le speranze sempre deluse,
l’inutilità della loro vita
amara e il lor destino ultimo, il buio.
Ché ciascuno di loro porta seco
la condanna d’esistere: ma vanno
dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
occupato dall’attimo che passa,
distratto dal suo vizio prediletto.
Provo un disagio simile a chi veda
inseguire farfalle lungo l’orlo
d’un precipizio, od una compagnia
di strani condannati sorridenti.
E se poco ciò dura, io veramente
in quell’attimo dentro m’impauro
a vedere che gli uomini son tanti.

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