sabato 12 giugno 2010

quella solitudine la cui forma conclusiva è il proprio confronto con la propria mortalità

"La percezione di possanza estetica ci dà modo di imparare a parlare con noi stessi e a sopportare noi stessi. Il vero uso di Shakespeare e di Cervantes, di Omero e di Dante, di Chaucer o di Rabelais, consiste nell'aumentare la propria crescente interiorità. Leggere in profondità [...] non farà di te una persona migliore o peggiore, un cittadino più utile o più dannoso. Il dialogo della mente con se stessa non è innanzitutto una realtà sociale. Tutto ciò che [...] può apportare, consiste nell'adeguato uso della propria solitudine, quella solitudine la cui forma conclusiva è il proprio confronto con la propria mortalità"
(Harold Bloom, Il canone occidentale)
"... la vita si ripete meravigliosamente, nulla accade come ci si aspetterebbe, niente più ci sorprende. Di vere sorprese, pensava, ce n'è solo una nella vita: è quando scopriamo di essere anche noi, proprio noi, mortali. "
Sándor Márai, Divorzio a Buda 

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