lunedì 14 giugno 2010

Dopo una solenne ubriacatura tecnologica nella seconda metà degli anni novanta... sono in parte tornata alla carta e ora utilizzo moleskine e pc a seconda di quello che ho da fare.

Scriviamo tantissimo, ma con strumenti completamente diversi rispetto al passato.
Lo spunto è un articolo sul valore della calligrafia che Umberto Eco ha pubblicato il 21 settembre sul Guardian. Sul quotidiano londinese è sparito, ma lo potete recuperare qui. Difficile non condividere il rimpianto di Eco per la bella scrittura a mano (ci insegna a tenere sotto controllo le mani e rafforza il coordinamento mani-occhi, certo!).
Meno ovvia e da sottoscrivere dalla prima all'ultima parola mi sembra la conclusione di Mantellini: "Se il suggerimento di Umberto Eco (mandate i figli ad imparare la bella calligrafia) è un consiglio affascinante ed anche un po' provocatorio, un punto di vista meno paradossale potrebbe essere quello di invitare i nostri figli ad avvicinarsi ad una tastiera. Educarli alla comunicazione personale, alla esposizione di sé legata alla parola scritta, ai piaceri del confronto con i punti di vista altrui mediato dalla asincronia della comunicazione di rete dove, nella maggioranza dei casi, ciascuno di noi può permettersi il lusso di prendersi il proprio tempo per leggere, capire e rispondere, è oggi il tributo educativo migliore che possiamo far loro. Non potremo sbagliarci di troppo, almeno fino a quando l'alternativa sarà quella di lasciarli per ore a vegetare di fronte ad un televisore acceso".
Il tema come sapete mi interessa moltissimo e si ricollega anche alle riflessioni che mi ha suscitato la lettura di Proust e il calamaro di cui vi raccontavo un paio di post fa.
Durante la mattina, mentre scrivevo, pensavo alla mia esperienza.
Dopo una solenne ubriacatura tecnologica nella seconda metà degli anni novanta (mi sentivo persa senza il mio piccolo Palm in tasca e ci annotavo qualsiasi cosa che poi riversavo sul pc) sono in parte tornata alla carta e ora utilizzo moleskine e pc a seconda di quello che ho da fare.
La verità è che "scrivere" vuol dire tante cose diverse: pensare, documentarsi, farsi venire altre idee, metterle in ordine, scrivere il testo, rileggere, correggere, rifinire.
Per alcune di queste fasi ti servono la lentezza e la fatica imposte dalla penna, per altre la velocità della tastiera. Nel tempo ho imparato ad alternarle e ora me la cavo abbastanza bene.
Per farla un po' semplice:
  • pensare > penna e blocchetto, perché le idee ti vengono nei posti più assurdi e sempre quando non hai il pc (mi è capitato anche di appendermi il lettore mp3 al collo in macchina e di registrare le mie elucubrazioni ad alta voce)
  • documentarsi > schermo e tastiera, per navigare, copiare e incollare
  • farsi venire altre idee > foglio A3, spazio, tanti colori e post-it
  • metterle in ordine > schermo e tastiera, perché devi vedere la consequenzialità e l'argomentazione prendere forma rapidamente sotto i tuoi occhi e valutare al volo tutte le alternative
  • scrivere il testo > schermo e tastiera per inseguire il ritmo dei pensieri (optional: accendere la musica e spegnere il telefono)
  • rileggere > carta e tanta calma
  • correggere > schermo e tastiera, per vedere subito il testo pulito
  • rifinire > ultima lettura su carta (ma quest'ultima fase la riservo ai testi particolarmente importanti).
Bene, fine pausa, torno al lavoro.

http://mestierediscrivere.splinder.com/archive/2009-09

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