sabato 1 maggio 2010

Dio quando chiude una porta, apre un portone

noi cerchiamo la verità. Solo essa libera dalle tenebre e dalla disperazione.
Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando. (atti 13)
Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli (Gv 8,31)
"Verità" è un termine chiave. Per lo spirito profano evoca una formula, una teoria, una cosa dello spirito, insomma, e, soprattutto, qualche cosa che si possiede. Cristo rovescia questa concezione della "verità", rifiutandola in quanto superficiale. Egli non dice: "Io ho", ma "Io sono": "Io sono la verità".
In prospettiva puramente umana, una disgrazia rimane semplicemente tale; un imprevisto increscioso è letto come un incidente di percorso, da attribuirsi al fato avverso. In ottica di fede, anche gli avvenimenti tristi possono essere letti in modo diverso. Il Manzoni, facendo una sintesi del messaggio di fondo del suo romanzo, afferma che Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una di più certa e grande. Sarebbe semplicistico e contro l'intenzione dell'autore, riferire la frase solo alla beatitudine del paradiso. La sofferenza, secondo Dio, ha lo scopo di aumentare la gioia anche su questa terra; infatti l'amore umano di Renzo e Lucia è più forte, più gioioso e più maturo, dopo le traversie che i due personaggi hanno dovuto sopportare. Dio, pure a noi, quando chiude una porta, apre un portone. La cosa importante è che, ogni volta che ci capita , ci rendiamo conto che è Dio a chiudere la porta e non un fato cieco; che prendiamo atto contemporaneamente del portone spalancatosi davanti a noi, sempre a opera di Dio. Se non ci comportiamo in questo modo, è inevitabile che soffriamo di mortale claustrofobia.
Molti non credenti sarebbero agevolati a intraprendere un cammino di fede, se noi cristiani fossimo in grado di mostrare loro quel Padre, al quale l'itinerario tende a condurli.
Non ci rimane che la via delle opere, indicata da Gesù stesso ai discepoli. Dio è amore; manifestarlo, significa rendere visibile l'amore divino.
Più noi siamo caritatevoli, più incarniamo Dio in noi e nelle nostre opere, e più veniamo incontro alla richiesta di Dio, avanzata dagli uomini smarriti del nostro tempo. Più viviamo egoisticamente la nostra esistenza, e più deludiamo le loro aspettative, e impediamo loro di conoscere Dio.

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