sabato 17 aprile 2010

Se sono ribelli è, forse, perché sono fedeli a valori di­menticati» (Sulivan).

So­no tormentato dal dubbio che non sempre i superiori abbiano meditato questa parabola (dei "due figli", Mt 21, 28-32) e ne abbiano quin­di tratto le rigorose conclusioni. Così rischiano di prendere qualche abbaglio allorché si tratta di scopri­re quali siano i figli veramente obbedienti.

Cortigiano non vuol dire collaboratore.

Adulare non è sinonimo di amare.

Dire «sì» non equivale a «fare».

Chi «si fa avanti» precipitosamente, quasi sem­pre scantona poi, non appena si trova fuori portata dalla vista del superiore.

Chi ha il «sì facile» sovente ha «l'impegno dif­ficile».

Il sorriso cerimonioso si accompagna inevitabil­mente al mugugno.

Gli specialisti dell'inchino - colonna vertebrale ad angolo retto - trovano una insormontabile difficoltà a piegare la schiena quando si tratta di afferrare la zap­pa e lavorare sul serio.

Quelli che si trovano immancabilmente in prima fila nelle parate ufficiali, finiscono volentieri nelle re­trovie (pantofole e poltrona) quando il calendario se­gna i grigi giorni feriali.

Certi «ribelli» sono i figli più appassionati della Casa. Il loro, sovente, è un amore deluso. Se sono «ribelli», può darsi che qualcuno li abbia feriti. «Se sono ribelli è, forse, perché sono fedeli a valori di­menticati» (Sulivan).

Certe «teste calde» hanno il solo torto di non saper adoperare la parola come turibolo. In realtà, un superiore intelligente sa di poter contare su di lo­ro. A occhi chiusi.

Possono avere qualche «parola sbagliata». Ma le azioni sono quelle giuste.

A.Pronzato, Vangeli scomodi, 353-354

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