giovedì 22 aprile 2010

Il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la stupidità


Tutti crediamo di sapere che cosa è il bello, ma se indaghiamo più attentamente ci accorgiamo che esso dipende da una serie di fattori non assoluti e non personali, ma secondo le condizioni sociali o della singola psicologia. Per Theodor Adorno (Aesthetische Theorie, 1970) l’anelito al bello è che variano una ricerca disperata che non si realizzerà mai, il cammino verso una promessa che resta sempre esclusa (si avvertono le radici ebraiche dell’autore e della millenaria cultura che rappresenta); per Kierkegaard (Enten-Eller, 1843) il bello si può raggiungere, ma senza riflettere: appena si coglie esso sfuma (l’angosciato danese pensava al don Giovanni mozartiano come simbolo di una condizione umana); Hans Gadamer (Die Aktualitàt des Schònen, 1977), il bello è tale per condivisione, non per scelta del singolo. Insomma la bellezza non corrisponde a qualcosa di reale ma ad una immaginazione, a un disegno della mente che si proietta sulle cose, come in vario modo hanno affermato l’americano Nelson Goodman (Languages of Alt, 1968) e il prete russo Pavel Florenskij (Ikonostàs, 1922). ... nonostante lo scorrere del tempo avrebbe continuato ancora in quella indagine del pensiero sui temi che distinguono l’homo sapiens. «La bellezza - per il prof. Esposito - è la realizzazione del Mistero, quello spazio della visione in cui ciò che è si mostra nella sua gloria». E ha così concluso: «Il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la stupidità».
(Quaderni Cannibali) Dicembre 2006 - autore: SERGIO SCIACCA

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